1 maggio, Giornata dei lavoratori e quante situazioni ancora inaccettabili:
ore e ore, anche dodici, di lavoro senza pausa, impieghi in nero all’ordine del giorno, pensioni che non arrivano mai, un numero di morti e incidenti sul lavoro altissimo.
Pensateci per un attimo: come dev’essere perdere la mobilità sul vostro posto di lavoro, non per una malattia o per un incidente in strada, ma perché oggi avevate finito “la fortuna” che vi permetteva di svolgere quell’attività senza dispositivi di sicurezza; pensate a perdere un collega e restare con l’idea che potevate finirla voi, la fortuna; oppure essere la famiglia dello sfortunato lavoratore ed essere costretti a mantenersi con una piccola pensione d’invalidità. In Italia tre persone al giorno si trovano in questa esatta situazione. Di chi è la colpa? Del macchinario che ha deciso di funzionare male? Dell’operaio che non ha preso le dovute precauzioni? O dell’azienda che non gliele ha fornite?
C’è poi chi ha un impiego meno rischioso ma non matura la pensione perché non paga le tasse. Nella maggior parte dei casi non è che non le si vogliano pagare, le tasse: non esisterebbe il lavoro in nero se non ci fossero datori di lavoro che scelgono di assumere in nero. Chi sceglierebbe un impiego in nero se non qualcuno che, altrimenti, sarebbe sottopagato o disoccupato?
Immaginate oppure di conseguire un diploma, poi una laurea e, perché no, una specialistica e sentirsi dire “non ti assumo perché sei troppo qualificata, sarei costretta a pagarti troppo”. Qual è la tua colpa? Aver studiato troppo? Aver pensato che un grado di istruzione superiore avrebbe fatto bene alla tua carriera? Aver seguito i consigli dei tuoi che ti dicevano di impegnarti a scuola?
Se sei davvero fortunato magari riesci a conquistarti uno di quei lavori correttamente retribuiti, svolti in sicurezza, ma che ti costringono a lavorare per turni di dodici ore. Non parlo solo dei lavori di raccolta nei campi o degli operai delle grandi catene, lavori che probabilmente ti fanno rientrare in almeno una delle casistiche precedenti, ma anche dei lavori più difficili da ottenere come l’infermiere o la dottoressa.
Questa volta qual è la tua colpa? Voler salvare una vita in più? Voler mettere da parte qualcosa in più facendo gli straordinari? Voler fare colpo per ottenere una promozione?
No, la colpa non è mia perché non voglio fare un lavoro che definite modesto, non è dell’uomo in riabilitazione con le protesi, non è di chi è morto nel cantiere, non è di chi era in servizio per salvargli la vita, non è di chi, all’età pensionabile, non avrà una pensione. La colpa è dei datori di lavoro disonesti, un po’ troppo affini ai capitalisti della critica di Marx. La colpa è di uno stato che tutela poco la categoria sociale che lo fonda.
Art. 1 – L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
Cleo Cantù
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