Ce lo aspettavamo tutte

Se ieri nelle storie di Instagram avete letto solo discorsi da “femministe esagerate” non è perché la storia di Giulia Cecchettin, brutalmente uccisa dal suo ex,  è sconvolgente, ma proprio perché era prevedibile. Nessuna credeva fosse viva, nessuno credeva si fosse allontanata spontaneamente con lui, nessuna si è stupita quando è stata ritrovata. Sugli autobus e sui social si discuteva di dove lui avesse occultato il cadavere prima ancora che la sapessimo davvero morta.

Perché tutti ci aspettavamo questo epilogo? È forse prassi che una donna scomparsa lo sia per mano di un uomo? È forse giusto consigliare alle amiche di non andare a quegli ultimi appuntamenti? Ha forse senso insegnare alle figlie a diffidare anche dei fidanzati più amorevoli perché possono cambiare volto?

Non ci siamo stupiti neanche quando le autorità hanno descritto il litigio che ha portato alla colluttazione prima del delitto. Più che una colluttazione era un pestaggio, una violenza, una presa di potere da parte di un uomo in quanto uomo su una donna in quanto donna.
Lei voleva essere libera, lui non avrebbe permesso che lo fosse.

La storia che abbiamo seguito in questi giorni non era quella di due ragazzi scomparsi, come ci hanno narrato all’inizio, ma quella di una ragazza sequestrata. Ancora una volta abbiamo sentito dichiarazioni in cui si precisava che lui è sempre stato “un bravo ragazzo”. Chi sono i buoni in un mondo in cui a ucciderti è tuo marito e a stuprarti il tuo amico, in cui i giornali pubblicano le foto della vittima sorridente vicino al suo assassino? Sarebbe semplice ridurre Filippo ad un mostro, un pazzo: Filippo è il risultato della cultura violenta che lo circonda.

Il discorso sulla violenza di genere è pieno di domande retoriche poste prevalentemente da donne ad autorità che non rispondono, a una società che rifiuta la parità di genere, a un’educazione rivolta alla protezione e non alla prevenzione. Quando sentiremo la voce degli uomini?

Quante donne moriranno ancora?

Cleo Cantù

Foto di Veronica Panziroli e Serena Cavazzini 2E

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