Dicembre – il fascino dei limiti

Dicembre inizia quando la prima cosa che noti quando scendi di casa al mattino è il ghiaccio sui parabrezza delle macchine, che quando andavi alle elementari ti faceva fare sempre tardi dato che tua madre non aveva mai l’accortezza di scendere un po’ prima e toglierlo.
Pensaci un po’, a notare queste piccole cose la realtà diventa molto più affascinante.
Dentro lo sai quando inizia Dicembre, te ne rendi inconsciamente conto grazie a cose che a pensarci dai per scontato arriveranno prima o poi, come le nuvolette di condensa che ormai ti escono dalla bocca ad ogni parola, gli alberi quasi tutti nudi ad eccezione di qualcuno un po’ più timido che ha conservato qualche foglia, i marciapiedi che perdono i colori autunnali, la luce del giorno che si sbiadisce e diventa bianca, la brina sull’erba e se ti va bene anche la neve. E poi la particolarità di questo mese è che ti dà proprio alla testa, togliendoti la voglia di uscire di casa e affascinandoti con la magia del Natale, che per quanto tu possa considerare l’apoteosi del consumismo ti prenderà sempre come se avessi 5 anni. Lo sai bene che gli addobbi nei negozi e sui balconi delle case, gli alberi e le luci per le strade ed il viavai di gente infagottata nei piumini che si dispera per fare i regali iniziano ad apparire già l’ultima settimana di Novembre, ma la fine di Novembre è talmente anonima che prende i colori di Dicembre, facendolo arrivare in anticipo in cuor tuo.

Da un momento all’altro ci troviamo catapultati in un mese nuovo, e seppur lo conosciamo benissimo, perché l’abbiamo già vissuto diverse volte in anni diversi, rimaniamo sorpresi, quasi spiazzati, ogni volta: questo spostamento da un mese all’altro, o più in generale da un momento ad un altro più avanti nel tempo e completamente diverso, è rapido come un battito di ciglia o diluito talmente tanto da passare inosservato?
Io sono dell’idea che il tempo esista, e che ci siano sia un primo che un dopo: il prima non è più, ma ne abbiamo un ricordo e dunque sappiamo che è stato, e se pensiamo al presente come un momento successivo al “prima” possiamo notare anche l’esistenza del “dopo”.
Noi umani siamo molto sfortunati, perché il tempo sarebbe una cosa davvero troppo affascinante se riuscissimo a sentirlo passare e non solamente a renderci conto di lui quando è ormai andato.
È uno dei tanti limiti fisici che tentiamo affannosamente di scavalcare con la mente o con gli strumenti, e non solo non ci riusciamo, ma ogni tentativo è una coltellata in una ferita già aperta nell’orgoglio dell’umanità: non siamo infiniti, non siamo onnipotenti, ci tocca inginocchiarci davanti a cose come natura, tempo e mortalità.
Sebbene questo abbia sempre ferito gli uomini, io rimango incantato da certi limiti, come Leopardi dietro una siepe o come un bambino dentro un Toys Center: l’immensamente grande, l’immensamente piccolo e l’invisibile, di cui non sapremo mai tutto o forse nemmeno sapremo qualcosa nonostante sia sotto i nostri occhi, oppure le cose immensamente forti, di fronte a cui non possiamo far altro che venir pervasi dal “sublime”, il fascino del terrore degli artisti romantici. Parliamoci chiaro, non è stupendo?

Dicembre inizia e io sono seduto al banco che penso, penso tanto e non a ciò a cui dovrei pensare. Va bene così, la scuola può aspettare e ai messaggi risponderò più in là, inventerò anche qualche scusa se necessario; ho una sola vita e già troppo poco tempo per pensare a quanto sia bello il mondo, dalle cose più piccole alle cose più grandi.

Niccolò Napolitano

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