Paura di essere seguite, di essere uccise, di raccontare, di non essere credute.
Questo era sicuramente lo stato d’animo di Anna Carusone, uccisa dal marito davanti alla figlia quindicenne; di Elisa Amato, uccisa a colpi di pistola dall’ex fidanzato che da mesi la perseguitava; di Claudia Priami uccisa a colpi di cacciavite dal marito che poi si suicida. Questo è lo stato d’animo di tutte le donne che sopportano il primo schiaffo, che non raccontano, non denunciano, che scappano e sono costrette a nascondersi. Questo è lo stato d’animo che oggi, ma non solo, affrontiamo e combattiamo per evitare che altre donne subiscano quello che loro hanno subito.
La data del 25 novembre è stata scelta dalle Nazioni Unite nel 1999 per tentare di offrire un aiuto concreto a tutte le vittime: a partire da quel giorno varie associazioni hanno onorato questa data con manifestazioni e iniziative.
Le sorelle Mirabal sono la ragione per cui l’ONU ha scelto questa data, il 25 novembre. Attiviste contro la dittatura, nel 1960 a Santo Domingo, furono incarcerate, liberate e, solo successivamente, uccise a bastonate da alcuni uomini del regime di Trujillo. Ancor prima che fosse stabilita una data però, già nel 1981 un gran numero di donne latinoamericane le commemorarono dando vita al primo Incontro Nazionale Femminista.
La Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne ha un simbolo, le scarpe rosse, lanciato dalla messicana Elina Chauvet con il suo progetto: nel 2009 Elina raccoglie trentatré paia di scarpe e le installa a Juárez; dopo due anni ne fa una replica a Mazatlan con trecento scarpe ottenute grazie al passaparola.
Parliamo di violenza ( fino ad oggi, nel 2019, sono stati commessi 94 femminicidi) ma non solo: in 38 nazioni la presenza femminile in parlamento non raggiunge il 10%, nell’UE il salario di una donna è inferiore a quello di un uomo del 16,2%.
Infatti, il 25 novembre non è stato istituito solo per parlare di violenze fisiche o psicologiche evidenti, come stupri, femminicidi o stalking, ma per far emergere e combattere la discriminazione dal punto di vista legale e delle continue disparità ingiustificate tra uomo e donna.
E’ dignitoso pagare una donna meno di un uomo per lo stesso lavoro? E’ dignitoso chiedere ad una donna se vuole avere dei figli prima di assumerla? E’ dignitoso vivere in una società che insegna alle donne a difendersi dallo stupro, invece di insegnare agli uomini a non stuprare le donne?
E’ dignitoso definirsi uomini incoraggiando tutte queste inspiegabili discriminanti?
Cleo Cantù 2F