Il 30 novembre 2021, intorno alle 13:00, nella Oxford High school, negli Stati Uniti, si sentono degli spari e delle grida: il quindicenne Ethan Crumbley ha ucciso quattro suoi compagni di classe e ferito altre sette persone.
Ethan è un ragazzo solo, segnato dalla pandemia e dalla perdita di diversi affetti famigliari, che cerca aiuto e conforto nei suoi genitori, i quali, però, non gli danno le dovute attenzioni: la madre Jennifer, una donna molto impegnata nel lavoro che viene descritta dai suoi conoscenti come una madre assente, cattiva e non attenta al disagio che il ragazzo cerca di comunicarle, e il padre James Crumley, un disoccupato che coltiva marjiuana in garage, definito come il genitore passivo e gentile.
I due litigavano spesso, la loro casa era sporca e in disordine, avevano diversi animali domestici che, però, venivano maltrattati e alcuni cavalli, che ricevevano più attenzioni di loro figlio. Entrambi avevano ricevuto alcune denunce.
Quando Ethan cercava di parlare loro dei suoi problemi, raccontando delle presenze che sentiva attorno a lui, delle allucinazioni e della continua sensazione di morte fisica e mentale che indossava, i due rispondevano a colpi di medicine, senza mai contattare un dottore. Nell’estate del 2021 il ragazzo aveva perso la speranza di venire aiutato da un medico o dai suoi genitori e così, dopo aver decapitato uccellini, guardato video di massacri e fatto pratica con l’arma che gli era stata comprata da James e Jennifer, ha deciso di agire.
Il 30 novembre i suoi professori incontrano i coniugi Crumley preoccupati da ciò che lui aveva scritto su alcuni compiti, confidando loro il timore per un possibile suicidio. Durante la mattinata, il ragazzo va in bagno, carica il fucile e spara, togliendo la vita a quattro suoi compagni e ferendo altre sette persone. Ora Ethan è condannato all’ergastolo e i suoi genitori rischiano dieci anni in carcere per omicidio colposo.
Quando ho letto la storia di questo ragazzo in un articolo del New York Magazine sono rimasta colpita dall’indifferenza di questi genitori che, nonostante l’evidente disagio del ragazzo, continuano la loro vita senza preoccuparsi della salute di loro figlio e, anzi, assecondano la sua passione per le armi, nonostante sapessero della sua ossessione per i videogiochi violenti e della sua propensione per il” macabro”.
Forse, una maggiore attenzione avrebbe preservato la vita di quattro giovani e anche quella di Ethan che ora è costretto a passare i suoi giorni in una prigione per adulti. Purtroppo, però, non sempre avere dei genitori interessati ai propri figli e preoccupati per il loro benessere, basta per evitare che i loro ragazzi compiano tragiche azioni.
Questo, infatti, è il caso del massacro, avvenuto in Colorado, alla Columbine High school: Eric Harris e Dylan Klebold erano i due complici responsabili della strage del 20 aprile 1999. Il 20 aprile 1999, compleanno di Adolf Hitler, i due ragazzi uccisero 13 persone e ne ferirono 24, prima di suicidarsi, insieme, nella biblioteca della scuola. A differenza della strage della Oxford High School, dove l’assassino aveva cercato di farsi aiutare e di far capire il suo disagio ai genitori, Dylan e Eric rimangono in silenzio e lasciano trasparire pochi indizi che potessero far seriamente preoccupare i genitori.
Un altro tragico avvenimento è quello della Sandy Hook Elementary School, a Newtown, nel Connecticut, a carico del ventenne Adam Lanza. Il 14 dicembre 2012 vennero uccise 26 persone tra insegnanti, operatori scolastici e bambini tra i sei e i sette anni. Adam aveva sofferto da adolescente di depressione, ansia e di un disturbo ossessivo-compulsivo, si teneva alla larga dai suoi compagni e scriveva spesso di guerra e distruzione. Nonostante Adam venisse regolarmente seguito da psicologi e sostenuto con terapie, il ragazzo non si era mai realmente curato e la sua difficile situazione di partenza, con l’arrivo dell’adolescenza, era peggiorata, portandolo ad uccidere la madre nel sonno e a togliere la vita a 27 persone, tra cui sé stesso. Il padre di Adamdurante un’intervista del 2013 ha affermato che nessun esperto aveva preso in considerazione o notato quei suoi tratti violenti e che spesso si era data la colpa, dei suoi comportamenti, all’autismo. Inoltre, rivela che in famiglia erano tutti abbastanza tranquilli e non sospettavano potesse succedere un avvenimento così tragico; infatti la madre aveva in casa diverse armi da fuoco e dormiva serenamente con la porta aperta, non aveva paura di Adam e nessuno credeva sarebbe potuto arrivare a tanto.
Analizzando ognuno di questi casi ho notato che ci sono diverse caratteristiche che si ripetono e che tutti i colpevoli hanno passato momenti difficili che li hanno portati a sviluppare visioni distorte della realtà. La solitudine, il bullismo, l’esclusione sono solo alcune delle cause dei disagi dei ragazzi che hanno provocato dolori a tante famiglie. Tutti non avevano molti rapporti con i coetanei e tendevano ad estraniarsi dal confronto con gli altri, nutrivano una forte ossessione per le guerre e la violenza, ed erano molto interessati alle armi da fuoco. Inoltre, soffrivano di problemi mentali che, essendo trascurati, andavano a causare disturbi sempre maggiori, tutto ciò unito al periodo adolescenziale e alle complesse situazioni circostanti, li hanno resi sempre più isolati e attratti da idee malsane e lugubri.
Proprio per questo credo che le scelte dei giovani non siano da dover completamente scaricare sui genitori, in quanto anche nelle famiglie migliori possono crescere criminali e malintenzionati. Sicuramente quando si ha attorno un ambiente stabile e nel quale ci si sente “a casa” è più difficile sviluppare determinati pensieri ma, come nel caso di Dylan Crumley, le circostanze esterne possono causare più danni di quel che sembra.
Inoltre, avere delle figure di riferimento mature e responsabili e che prestano attenzione alla salute dei propri figli, aiuterebbe a limitare questi tragici eventi. Ad ogni modo, da genitore accettare e ammettere che il proprio ragazzo abbia delle difficoltà è difficile, soprattutto quando si tratta di problemi mentali gravi.
La figura dei genitori può influenzare il comportamento dei figli, nel momento in cui fin da piccoli, ad esempio, li si abituano a vedere la violenza come una normale possibilità di reazione alle situazioni della vita.
Credo, però, che l’errore che hanno fatto i responsabili di Eric, Dylan, Adam ed Ethan, sia stato quello di assecondare, con noncuranza, l’attrazione dei figli per le armi da fuoco. Mi chiedo come abbiano fatto a comprare e a dare in mano, addirittura esercitandosi con loro, oggetti così letali, essendo a conoscenza delle loro malsane tendenze. Ma soprattutto io mi chiedo come sia possibile che in America si possano vendere pistole e fucili a chiunque e come faccia ad essere considerato “normale” vivere con delle armi in casa. Limitando la vendita di armi a chiunque ne voglia una e, soprattutto, vietandone l’utilizzo ai minori, il rischio di stragi potrebbe probabilmente diminuire, anche se, l’utilizzo delle armi è solo il triste epilogo di un forte e complesso disagio giovanile. (Sara FAraboli, 2E)
—–
Qualche mese fa è spopolata su tutte le piattaforme social un fatto di cronaca che ha sensibilizzato tutta la comunità italiana: lo stupro di una giovane ragazza a Palermo i cui artefici erano sette ragazzi di età compresa tra 18 e i 20 anni. La ragazza, Asia Vitale, diciannovenne, è stata stuprata in un bosco in seguito ad un’uscita con un’amica. “Sette cani su una gatta”, dichiarano i ragazzi che non si fanno scrupolo a fare foto e video: la domanda che viene da porsi in questa storia è il perché siano arrivati a fare ciò. Cosa è scattato nella loro mente che ha fatto credere loro fosse un’azione di cui vantarsi addirittura? E i genitori, c’entrano in tutto ciò?
Uno dei 7 ragazzi, come viene dichiarato in un’intervista, fin da piccolo non riteneva casa sua un posto sicuro, odiando il padre per la violenza provocata alla madre ogni giorno: il ragazzo vedeva ogni giorno lo stupro, la violenza, la paura negli occhi della madre, tutti comportamenti che si sono sviluppati in lui e che si sono messi in gioco nel momento che ha ritenuto più opportuno.
Vi faccio un altro esempio: qualche tempo fa mio padre mi ha raccontato di un’esperienza accaduta a lui quando aveva poco più di 20 anni. Lui ha vissuto a Napoli fin dalla più tenera età, a Torre del Greco, dove la criminalità è alta, probabilmente a causa delle condizioni di vita. Mio padre ha fortunatamente sempre vissuto in un quartiere pacifico.
Mi ha raccontato che un suo vecchio amico, con cui ancora oggi è in buoni rapporti, abitava nei Quartieri Spagnoli in cui il tasso di criminalità è nettamente superiore. Il suo amico, Luca, ha sempre vissuto in modo onesto, per quanto si potesse in quell’ambiente, ma qualche volta rubava piccole cose per sfamarsi: mele da un fruttivendolo, pane dal fornaio o qualche sogliola dal peschereccio. Mio padre ne ha sempre parlato scherzando minimizzando l’accaduto, ma Luca lo avrebbe fatto anche se la sua famiglia avesse vissuto in condizioni migliori? Io non credo.
L’amico di mio padre ora è un meccanico e si guadagna da vivere onestamente, ha una moglie e dei figli, ma quando era giovane era vittima dell’influenza della società e delle condizioni di vita in cui i suoi genitori lo “costringevano” a vivere.
Chi, vedendo in un campo mal coltivato, un’erbaccia, per esempio un bel lapazio, volesse proprio sapere se sia venuto da un seme maturato nel campo stesso, o portatovi dal vento, o lasciatovi cader da un uccello, per quanto ci pensasse, non ne verrebbe mai a una conclusione.
Con questa frase Manzoni ci dice che nessuno può sapere se sia davvero responsabilità nostra o dei nostri genitori le azioni che commettiamo.
Io credo che ognuno di noi sia responsabile di sé stesso, ma che siamo anche semplicemente un seme che viene influenzato da quanta acqua ci viene data, dalla quantità di sole che catturiamo nel punto in cui cresciamo, dal luogo in cui ci troviamo e dall’amore con cui veniamo cresciuti.
Una pianta che è ancora un germoglio può crescere e diventare una meravigliosa rosa dai petali lucenti, o una repellente erbaccia a cui tutti stanno lontani. (Valentina Vitiello, 2E)
Potete leggere l’approfondimento sul caso di Ethan e dei suoi genitori qui
https://nymag.com/intelligencer/article/oxford-school-shooting-ethan-crumbley-parents.html#