Il 22 marzo si celebra la Giornata Mondiale dell’Acqua, istituita dalle Nazioni Unite nel 1992. Nel 2010 l’assemblea generale dell’ONU ha stabilito che “l’acqua potabile è un diritto umano essenziale per il pieno godimento del diritto alla vita e di tutti gli altri diritti umani”. Purtroppo, però, sono ancora molti i casi in cui la salute, soprattutto dei bambini, è messa a rischio a causa della cosiddetta “insicurezza idrica”. Questa situazione è dovuta sia alla scarsità d’acqua sia a scadenti servizi di potabilizzazione che portano a contrarre malattie bevendo acqua contaminata. In alcuni Paesi, come Niger, Giordania, Burkina Faso, Yemen, Ciad e Namibia, sono 8 su 10 i bambini che si trovano in questa terribile condizione, come ci ricorda l’UNICEF nel rapporto “The Climate-Changed Child”, documento in cui risulta evidente come la crescente siccità in alcune aree del mondo sia causata dal cambiamento climatico.
Il climate change è infatti caratterizzato dall’aumento della frequenza di eventi metereologici estremi che vanno dall’assenza di precipitazioni per lunghi periodi alla caduta di quantità enormi di pioggia in un tempo brevissimo. Questo è proprio quello che è successo in Emilia Romagna nel maggio 2023, quando la quantità d’acqua che si sarebbe dovuta distribuire in 6 mesi è caduta in meno di due giorni provocando morti e devastazioni.
Gli effetti disastrosi di questa alluvione sono anche da ricercare nel fatto che la nostra regione è tra le prime in Italia per consumo di suolo. La sostituzione di aree naturali con aree cementificate rende il terreno impermeabile e dunque incapace di assorbire l’acqua con conseguenti allagamenti. Una possibile soluzione a questi problemi è stata sperimentata in Cina, con la costruzione delle “città-spugna”, città progettate per assorbire e conservare l’acqua piovana sostituendo gli spazi impermeabili con aree verdi dette “giardini di pioggia” dove l’acqua viene incanalata nel sottosuolo per poi poterla sfruttare nei periodi di siccità.
La crescente irregolarità delle precipitazioni a livello globale ha anche scatenato una corsa per il possesso di quei territori in cui sono presenti fonti idriche. In questo modo, l’acqua, che dovrebbe essere un diritto per tutti, rischia di diventare oggetto di affari economici vantaggiosi solo per alcuni. Ad esempio, nello stato africano dello Swaziland, la Coca Cola ha fatto un contratto con il governo del Paese che le permette di utilizzare le principali fonti presenti sul territorio per coltivare la canna da zucchero, che ha bisogno di moltissima acqua. Il risultato è che la popolazione civile soffre la mancanza di acqua per gli usi quotidiani. Un caso simile si ritrova in Cile a causa della sempre più diffusa coltivazione dell’avocado, un superfood molto richiesto soprattutto nel mercato europeo. Le piantagioni di avocado sono in mano a grandi proprietari terrieri, che acquistando il terreno diventano anche i gestori delle fonti idriche presenti. Visto che la coltivazione dell’avocado necessita di una grande quantità di acqua, gli abitanti di quelle zone sono costretti a subire il razionamento dell’acqua: alcune famiglie si trovano a vivere con soli 50 litri di acqua al giorno, l’equivalente di una doccia di dieci minuti.
Sempre in America Latina, un’altra causa di scarsità di acqua per molte popolazioni locali è la crescente estrazione di minerali dal sottosuolo delle foreste pluviali, attività che spesso richiede la costruzione di nuovi impianti idroelettrici. E proprio alla costruzione di una diga si era opposta Berta Cáceres, una attivista dell’Honduras uccisa perchè difendeva il diritto della sua comunità ad accedere al fiume che si voleva sbarrare e che rappresentava una fonte fondamentale di acqua e cibo per le popolazioni del luogo.
Tutti questi esempi mostrano come l’acqua rischi di diventare una materia prima in grado di generare terribili conflitti, in un mondo dove di conflitti ce ne sono già tanti. Anche per questo motivo il tema scelto dall’ONU per il World Water Day 2024 è “Water for Peace”, per ricordare l’importanza di proteggere e condividere questa risorsa vitale, in modo che smetta di essere motivo di guerra e diventi invece simbolo di convivenza e collaborazione.
Articolo a cura della 2A