25 aprile: la festa di tutti

Caro “anti-25aprile”, mi dispiace, siamo ancora a quel giorno dell’anno. Anche quest’anno dovrai vedere sventolare il drappo tricolore per la città, ti toccherà tapparti le orecchie per non sentire O bella ciao, sarai costretto ad assistere a una sfilata di anziani che ogni anno si accorcia e viene ricostruita dai loro figli e nipoti, avrai l’obbligo di sapere che oggi è il 25 aprile.

Sai qual è il bello? E’ che in realtà tu oggi non sei obbligato a fare proprio un bel niente. E se non lo sei, indovina un po’, è proprio merito del 25 aprile. Pensa, è la stessa data che ha permesso al nostro Presidente del Consiglio di essere eletta: prima le donne non contavano nulla, ma oggi quella costituzione che, sì, è antifascista fino al midollo, la definisce giustamente “pari ad un uomo”.

Non so perché ci tieni così tanto ad allontanarti da questa festività: le bandiere sventolate in genere ti piacciono tanto, le canzoni patriottiche anche e le storie degli anziani affascinano tutti. Eppure questo 25 aprile proprio non lo digerisci. In nome di quale valore vuoi festeggiare se non della libertà? Forse tu ti sentiresti più libero nel mondo di prima, perché sentirsi dire cosa fare rassicura, ma libero di certo non lo saresti. Forse non sai vivere in una società senza un dio da idolatrare: non una vera figura religiosa, ma un dio alla Nietzsche che comunque “ha fatto buone cose”. O forse ce l’hai coi partigiani che, ammettiamolo, non facevano solo cose buone, ma ne hanno fatte tante.

Se ora non ti senti libero, prova a fare un viaggio in Ucraina; chiedi agli ucraini cosa darebbero per sentire una voce che dichiara la liberazione, le sirene che si spengono per sempre, il silenzio provocato dalla mancanza di bombe. Se non ti basta, prova a fare un viaggio in Russia; chiedi ai russi cosa darebbero per smettere di uccidere, di vedere uomini partire verso il fronte. Stanco di sentir nominare il fronte russo-ucraino quando si parla di guerre? Perfetto, in Africa se ne registrano almeno altre quattordici, per un totale di quarantaseimila vittime e decine di milioni di feriti solo nel 2021. Ogni conflitto coinvolge più paesi ed è accompagnato da terrorismo, violenze, crisi alimentari e sanitarie. I telegiornali non ne parlano quasi mai, stanchi di nominare ogni giorno ogni guerra di ogni continente perché, in ogni caso, l’ascoltatore tende ad abituarsi, o a cambiare canale.

Che saranno mai due ragazzi attraversati da qualche proiettile negli Stati Uniti quando ormai dalle sparatorie a stelle e strisce ci attendiamo decine e decine di morti? E’ qui che nasce l’indifferenza. Non ci si dovrebbe mai abituare alla morte, alla sottomissione, alla violenza e al silenzio. Dove saremmo se uno a uno i testimoni della guerra smettessero parlasse di quegli anni in tv, nelle piazze, nei libri, a tavola coi parenti, nelle scuole? Cosa sarebbe il nostro paese senza Liliana Segre, i Gruppi di difesa della Donna, Gino Bartali? 

Lo stesso discorso si può fare senza prendere in causa personalità schierate politicamente. Cosa sarà il mondo una volta che tutti i nostri nonni saranno scomparsi e nessuno, a parte chi li ha amati, li ricorderà?  Cosa sarebbe la Repubblica italiana senza i discendenti delle famiglie che il 25 aprile del 1945 hanno sfilato in nome della fine del conflitto, senza i loro occhi, le loro storie, le loro lacrime e le loro urla di gioia? Non c’è madre a favore della guerra, non c’è uomo contento di far soffrire il suo prossimo. Perché allora non festeggiare la liberazione, la fine del regime che, dopo aver risollevato il suo popolo, lo ha messo in ginocchio? Perché rinnegare la nostra storia, le loro sofferenze e le loro gioie? 

Il 25 aprile non riguarda i partiti e gli Stati: il 25 aprile riguarda le persone, i morti e i vivi, le città e le campagne, i partigiani e i fascisti. Il 25 aprile è libertà: libertà di essere chi siamo, religione o genere che sia, di uscire con chi vogliamo, di avere quanti figli vogliamo, anche nessuno o di adottarne, di leggere ciò che vogliamo, di pensare ed esprimere ciò che più ci piace, di espatriare o di essere accolti, di lottare per il paese con le armi o con le parole, di essere seppelliti sotto l’ombra di un bel fiore anzi che in territorio straniero. Rupert Brooke aveva torto: nessun corpo di nessuna popolazione bonifica il terreno dell’avversario. La libertà, invece, può purificare il mondo.

Cleo Cantù

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