Sulla strada delle pietre d’inciampo

C’è un’enorme differenza tra essere un uomo ed essere umano.

Lunedì 30 gennaio, in onore della Giornata della Memoria celebratasi venerdì 27, la classe 4E accompagnata dalla professoressa Pelosi ha esplorato, secondo tradizione, le strade di Parma in cerca delle pietre d’inciampo, realizzate per la prima volta nel 1992 a Colonia, in Germania, dall’artista tedesco Gunter Demnig con l’obiettivo di ricordare tutte le vittime dell’Olocausto.

Non è facile notare queste piccole tavole in ottone, probabilmente perché negli ultimi tempi percepiamo un’incessante urgenza di realizzare ogni nostro progetto, il dovere morale di non sprecare un istante delle nostre vite, e dunque corriamo osservando soltanto ciò che ci troviamo di fronte; non prestiamo attenzione a dove camminiamo, non ricordiamo i nostri passi. Il termine utilizzato in Germania per indicare le pietre d’inciampo è  “Stolperstein” che significa “ostacolo”; l’intenzione, facilmente intuibile, di queste mattonelle è infatti quella di inciampare nelle memorie, impedirci di dimenticare il nostro passato e continuare a combattere l’indifferenza. Nel suo libro “La memoria rende liberi” Liliana segre scrisse “La chiave per comprendere le ragioni del male era chiusa in quelle cinque sillabe, perché quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore”.

Per impedire di ricadere in quel male abbiamo dunque deciso di visitare le pietre d’inciampo di sei vittime dell’Olocausto: Ugo Franchini, Arnaldo Canali, Doralice Muggia e suo figlio Giorgio Nullo Foà, Gino Amadasi e Renzo Mosè Levi.

Abbiamo anche appreso qualcosa sulle storie di alcuni di questi nomi:

Il primo di questi, Ugo Franchini, nato a Parma  il 4 maggio 1929 e cresciuto in una famiglia antifascista, insieme ai fratelli prese parte alla lotta partigiana. Finì catturato verso la fine del 1944 e venne deportato nel campo di concentramento di Mauthausen, dove giunse nel febbraio 1945 e morì il 9 aprile dello stesso anno, un mese prima del suo sedicesimo compleanno.

Arnaldo Canali, nato il 23 marzo 1894, intraprese gli studi universitari presso la facoltà di Giurisprudenza e divenne avvocato antifascista. Nel 1943 scelse di collaborare attivamente alla Resistenza, ma il 13 luglio dell’anno successivo fu tradito da una spia fascista che si era finta recluta, arrestato e imprigionato presso il carcere di San Vittore. Arrivò nel campo di Flossenbürg il 7 settembre 1944 dove restò per circa due mesi, prima di morire il 16 novembre.

Doralice Muggia, nata il 2 giugno 1876 a Colorno, era anziana e non godeva di buona salute; per questo motivo fu prelevata da casa nel 1944, e non nel 1943 come molti altri ebrei. Fu condotta al campo di Bolzano e morì il 15 maggio 1945 poco lontano, a Merano, mentre si trovava in stato di detenzione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per concludere abbiamo visitato San Francesco del Prato, chiesa al cui interno, durante il ventennio, era collocato il carcere dove venivano imprigionati partigiani, ebrei, ex prigionieri alleati e renitenti alla leva.

Come dicevo all’inizio, c’è un’enorme differenza tra essere un uomo ed essere umano. Il primo ci definisce in base a come appariamo, alla specie animale a cui apparteniamo, tuttavia è solo il secondo a stabilire chi siamo in base al nostro carattere, alle nostre intenzioni, a come scegliamo di agire. Noi abbiamo scelto di ricordare.

Allodi Marta, 4E

 

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