Gli occhi dei bambini

Dopo nove mesi di guerra abbiamo riaperto la scuola. Oggi rivedrò tutti i bambini della mia classe; mi mancavano gli abbracci appena entrati in aula, correggere i testi sgrammaticati in cui si raccontavano, i loro disegni appesi al muro.

Di quei disegni abbiamo salvato il salvabile riappendendoli alle pareti che oggi compaiono nei vostri telegiornali come il simbolo di un’umanità che non crolla quando anche i muri lo fanno. I nostri muri sono crollati sotto le bombe dell’esercito russo ormai diverso tempo fa, ma ogni momento che noi maestre passavamo fuori dai rifugi lo passavamo là, a raccogliere giocattoli, libri e anche disegni.

Della scuola non era rimasto nulla, solo un gran polverone. Fortunatamente non c’erano bambini al momento dell’esplosione… Non si può dire però che questi bambini non siano stati feriti. Ad essere ferita, in particolare, è stata la loro infanzia: i russi, con i loro eserciti, le loro bombe, i rifugi a cui li hanno obbligati, hanno privato i nostri bambini di quell’innocenza tipica della loro età. Gli è stato prontamente insegnato che in un certo periodo della giornata la luce del sole non gli era concessa, che forse non tutti i giochi che si trovano per strada sono divertenti perché alcuni esplodono, che se non rivedevano un amico poteva essere volato in cielo insieme agli altri 356 bambini che hanno perso la vita dal 24 febbraio al 10 agosto.

Il mondo si è tanto inquietato vedendo che risultati ha avuto sui bambini quella che ci piace chiamare “l’era Covid” con il tono drammatico dei resilienti, ma ora, quello stesso mondo, spaventato dall’ipotesi di una guerra nucleare, si occupa di economia e dimentica i bambini e i loro diritti.

Nei disegni di Katerina da mesi si gioca a trova la bomba; in quelli di Alexander gli uomini sono sempre in armatura militare, per lui tratto distintivo del genere maschile quanto la gonna per la figurina sulla porta del bagno delle donne; Valentina insegna ai fratelli come razionare le merendine e Anne gioca all’infermiera da campo.

Si sente dire che le guerre sono come pandemie, perché infestano le popolazioni e mietono vite: la differenza tra la pandemia e la guerra è che in guerra non c’è scuola. Non c’è scuola e non c’è informazione. La famosa DAD in guerra non può esistere, perché in guerra si sorteggia per decidere chi avrà la possibilità di caricare il telefono, perché in guerra il Wifi non prende, perché in guerra il diritto all’istruzione perde di significato come quello all’informazione.

Da mesi in Russia circolano solo le informazioni che vogliono far circolare pur di convincere i loro soldati che schiacciare padri, madri e bambini sia giusto. A renderlo giusto sarebbe la differenza culturale, o meglio, la nostra inferiorità; scommetto che, dall’altra parte del fronte, ci sono una Katerina, un Alexander, una Valentina e un’Anne che riflettono le sofferenze nei loro disegni, senza sapere che qui i bambini fanno lo stesso. Senza questi diritti non si vive, si sopravvive.

Nonostante ciò, però, istruzione e informazione ci sembrano superflue in confronto al più grande diritto al mondo: il diritto alla vita. Si sa, in guerra la vita è a rischio, ma vedere che quella vita viene spenta sul nascere fa ancora più specie; l’ultimo esempio è quello di Zaporizhzhia, dove la bomba, questa volta, è caduta sul reparto di maternità in cui è morto un neonato.

Per fortuna, anche in questo clima di morte, c’è anche chi tiene all’istruzione e alla vita e ha creato una rete solidale, come la Comunità di Sant’Egidio che ha fondato una piccola Scuola della Pace anche qui, luogo che persino Dio sembra aver scordato.

No, non ci lasceremo tutto alle spalle: la depressione, lo stress perenne, gli attacchi di panico e l’ansia da separazione resteranno negli occhi dei bambini a lungo, ma oggi torniamo a scuola.

A vincere la guerra sarà chi non ha abbandonato quegli occhi credendo nell’istruzione.

 

Gli occhi dei bambini sanno raccontare storie di terre lontane senza nome,

occhi che hanno visto la miseria della vita, ne portano il peso fra le dita

– Ornella Vanoni in “Basta poco”

 

Disegni dei bambini tratti da Il Corriere

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