Una prigione familiare

“Oggi dovrei fare colazione con i miei amici perché si entra più tardi, ma ho scoperto che non andrò né a fare colazione, né a scuola perché l’ascensore è bloccato. Provo quindi a mangiare qualcosa in casa, ma ieri mamma non ha fatto la spesa quindi devo aspettare che torni a casa. Oggi proprio non va, vorrei tanto fare un giro al parco con la musica nelle orecchie, anche perché ormai è ora di portare fuori Holly, ma no l’ascensore ancora non va quindi resterò in compagnia della mia noia e della speranza che Holly sia capace di resistere ancora un po’ come faccio io.”

Sempre più spesso sentiamo parlare della mancanza di infrastrutture che permettano alle persone disabili di avere accesso ai servizi più banali.  Essere una persona con mobilità limitate, infatti, implica dover spendere il triplo del tempo su Trivago per trovare l’hotel con le giuste facilitazioni, per poi spesso trovarsi di fronte ascensori in cui la tua carrozzina non entra, vuol dire non avere un posto in sicurezza all’interno di un autobus se è già presente un’altra carrozzina, ti obbliga a sapere dove sono le buche che rischiano di farti cadere per tutto il tuo tragitto, significa cercare parcheggio come tutti perché i posti a te riservati li sta occupando uno che tanto “ci mette un attimo”.

Per quanto assurdo, però, questi problemi appaiono irrisori se confrontati a quelli di chi viene bloccato dalla struttura meglio conosciuta: la propria casa. Sembra incredibile, ma i casi di persone che da anni, per disabilità o anzianità, non sentono il verde di un prato sotto i piedi, non respirano aria fresca o non sentono il calore di un raggio di sole sulla propria pelle, non sembrano diminuire.

Questa è la storia di Simone, di Anna, ma anche di Maurizio e di tutti gli anziani che, pur non avendo nessuna disabilità pregressa, non riescono a fare le scale.

Simone, disabile a seguito di un’emorragia cerebrale, per tutti gli anni di liceo e università non è mai riuscito a scendere di casa poiché l’ascensore non era adeguato alle misure di una carrozzina e il trasferimento a un piano inferiore è arrivato solo dopo troppi anni dalla richiesta. Nel suo caso, inoltre, persino in casa gli spostamenti erano difficili: dal passare attraverso la portafinestra del balcone che non era abbastanza larga all’uscire dalla porta con la barella per andare in ospedale.

Anna, convinta di abitare in una palazzina creata appositamente in vista delle sue necessità, si è trovata prigioniera del suo appartamento, come tutti gli altri ragazzi della scala, il giorno in cui si è verificato il malfunzionamento dell’ascensore; sembrava un disagio temporaneo, ma è durato più di un mese e le ha impedito di condurre una vita normale, a partire dalla semplice azione di recarsi sul proprio posto di lavoro.

Lo stesso inconveniente è successo a Maurizio, un ragazzino affetto da tetraparesi spastica che ha scritto alle Iene sperando che qualcuno smettesse di fare come lo Stato che finge di non vederli anche quando i problemi vengono più volte segnalati.

Fortunatamente, anche in questo clima di indifferenza, chi ascolta questi appelli c’è: in prima linea troviamo Fiaba Onlus il cui scopo primario è abbattere le barriere architettoniche e culturali, ma anche “Gabbie popolari”, progetto di natura giornalistica, nato per aiutare gli inquilini anziani o con disabilità delle popolari di Roma. L’obiettivo principale di ogni progetto è evitare che le barriere fisiche diventino mentali, che questi inquilini un po’ speciali si sentano presi in giro e dimenticati.

E noi? Noi in una posizione di privilegio, cosa possiamo fare? Iniziamo con un breve sforzo di immedesimazione e vedremo che renderci disponibili con ogni piccolo gesto verrà più naturale: formare una piccola squadra per portarla giù e su a mano una carrozzina ogni tanto o anche solo adottare la lista della spesa di qualcuno che non ha gambe abbastanza forti per andarci, in attesa che le istituzioni facciano di meglio, ma soprattutto informare e non smettere mai di denunciare la presenza di questi muri perché per noi queste sono comodità, per loro sono vita.

 

Immagini di Fanpage, in copertina Anna

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