Anita e Geraldine: la prima volta che vedi Parma

Parma: sempre le stesse strade, gli stessi monumenti, gli stessi locali, le stesse scuole, le stesse abitudini, le stesse facce…

Noi, che volgiamo lo sguardo a Bologna e Milano, o qualunque città non sia la nostra, spesso preferiremmo andarcene, e aspettiamo di crescere per allontanarci da questa bella cittadina di cui conosciamo tutto per filo e per segno. Chissà come dev’essere Parma la prima volta che la vedi. Chissà come deve essere chiedersi perché faccia così caldo appena arrivi, anche se sei al nord. Chissà come deve essere imparare l’italiano e assorbire la R di PaRma. Cinque ragazze sanno com’è: come le altre tre già intervistate, Anita e Geraldine stanno trascorrendo un anno di studi a Parma grazie ad AFS, meglio conosciuta da noi come Intercultura.

Anita, islandese, è stata travolta dal caldo all’arrivo tanto quanto Geraldine che, sorprendentemente, trova Parma più calda della sua cittadina cilena. Oltre al caldo, a travolgerle è stata anche l’anima storica della città: abituate a villaggi lontani tra loro o poco densamente popolati, fin dal primo giorno sono state attratte dalla bellezza di quei palazzi che noi sottovalutiamo.

L’altra grande differenza l’hanno percepita in quella che definiscono “vita notturna”: hanno imparato cos’è un aperitivo, diverso dalla cena cilena composta da thé e companatico (anche se si consuma allo stesso orario), com’è andare in discoteca con gli amici, a non stupirsi se in centro incontri tanti ragazzi la sera tardi, specialmente il sabato sera anziché il venerdì, avendo scuola il mattino seguente.

È proprio la scuola ad essere l’aspetto meno apprezzato dello scambio. Per Anita, che frequenta la 4T al Bertolucci, e Geraldine, inserita in una classe del Sanvitale, andare a scuola il sabato, memorizzare così tante nozioni, avere costanti interrogazioni orali e verifiche così ravvicinate tra loro o prendere appunti ascoltando un prof che parla a una classe di allievi poco partecipativi sono abitudini strane, che non riusciranno mai a capire ed integrare, anche se precisano che la scuola si sia rivelata un ottimo ambiente per la prima accoglienza.

In realtà l’accoglienza non è mai stata un problema; uno degli aspetti della cultura italiana che entrambe vorrebbero portare con sé dopo l’esperienza in Italia è proprio la cordialità delle persone, la loro abitudine di salutare anche se non ti conoscono particolarmente e la loro disponibilità. A Geraldine ciò che mancherà maggiormente però, vivendo già in un paese dalla popolazione calorosa, sarà il cibo, in particolare i formaggi, i salumi e il cliché della pasta.

Col tempo lo stupore per le nuove abitudini si affievolisce lasciando spazio alla mancanza di quelle vecchie. Dal Cile si sente la mancanza del tempo libero, che ora è occupato dallo studio, mentre il nord Europa reclama acqua e aria. Sì, sembra assurdo, acqua e aria, ma immaginate di vivere nel secondo paese meno inquinato al mondo e di essere trapiantati in piena Pianura padana… Al tempo stesso ci sono anche aspetti che saranno ben contente di lasciare in Italia dove li hanno scoperti, come lo svegliarsi il sabato mattina o il pregare prima di mangiare.

Una cosa che tutti, o quasi, fanno durante il proprio anno all’estero è viaggiare all’interno dello stato ospitante, motivo per cui le città preferite di Anita e Geraldine sono diventate rispettivamente Verona, perché è la città più romantica che lei abbia mai visto, e Roma, per la quantità di cose che puoi vedere e fare in uno spazio relativamente ridotto.

Le impressioni che ci raccontano derivano da sei mesi di immersione in una cultura completamente diversa, di cui ormai hanno perfettamente imparato la lingua, parlata con un accento più o meno marcato sempre affascinante; resta però ancora qualche vocabolo incomprensibile, soprattutto se paragonato alla lingua islandese che non ha neanche lo stesso identico alfabeto, e qualche altro impossibile da pronunciare come “cucchiaio” e “sciupata”.

Tra difficoltà e bellezze, tutto ciò che sperano di conservare per sempre è il ricordo dei bei momenti, delle belle persone e il lavoro fatto su sé stesse per adattarsi e crescere, consapevoli che è meglio collezionare momenti che oggetti.

Cleo Cantù 4F

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