DdL Zan: amore e politica non vanno d’accordo

DDL Zan, ultimamente sulle labbra di molti, ma chi realmente sa di cosa si sta parlando?

Il DDL Zan, che prende il nome dal deputato del PD Alessandro Zan, seppur necessitasse modifiche e aggiustamenti, mirava a inserire nel codice penale sanzioni o aggravanti di pena per chi commette atti discriminatori fondati su orientamento sessuale, identità di genere e disabilità. Tutte le persone vittime di reato sul territorio italiano attualmente sono protette da minacce e atti discriminatori nei loro confronti solo se questi atti si fondano su motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa. 

In Francia, in Spagna, Norvegia e in Gran Bretagna esistono già leggi che tutelano le persone da aggressioni che siano generate da odio per il loro orientamento sessuale e la loro identità di genere. La Svezia è ancora più avanti, essendosi dotata di questo tipo di legge già nel 2001. Qui vengono punite in modo grave minacce e gesti di  disprezzo indirizzati alle persone a causa del loro orientamento sessuale o identità di genere. 

Un piccolo passo avanti in Italia è stato fatto con la legge n.76/2016 che ha riformato il diritto di famiglia introducendo l’istituto dell’unione civile per le coppie omosessuali, equiparandolo  al matrimonio tra coppie eterosessuali. Non è stato né semplice né veloce riuscire a fare approvare questa legge, ma dopo anni di lotte, proteste e scioperi della fame, è stato raggiunto l’obiettivo. Questo esempio apre la speranza alla futura approvazione di una legge che protegga i cittadini vittime di omotransfobia. 

Palazzo Madama ha approvato la proposta di non far passare in esame i singoli articoli del ddl Zan. Ciò significa che siamo ancora molto lontani dalla possibilità di emanare questa legge, ma soprattutto, molto lontani dall’evoluzione, dall’accettazione e dal rispetto di diritti civili e umani. I membri della comunità LGBTQ+ avevano chiesto con rispetto che venisse riconosciuta la loro dignità, in modo da porre fine a ricatti, minacce, violenze, pratiche di mobbing e discriminazioni sul lavoro, che negli ultimi anni sono aumentate vertiginosamente.

La legge è stata approvata alla Camera dei Deputati il 4 novembre 2020 con il voto favorevole dei partiti del centro-sinistra, ma dopo aver subito diversi rinvii e proposte di modifica, non ha raggiunto la maggioranza in Senato a causa della coalizione sfavorevole della destra e dei “franchi tiratori”(ossia coloro i quali, approfittando del voto segreto, vanno contro il proprio schieramento). Da segnalare anche un buon numero di assenti ( 287 votanti su 315). Ha quindi vinto una politica che evita di affrontare questioni riguardanti i diritti civili anche per non rischiare di perdere voti. Durante gli ultimi anni infatti, il parlamento ha applicato diverse volte il procedimento della “tagliola” per fare in modo di boicottare proposte di leggi come la fecondazione assistita o il matrimonio omosessuale. 

Applicando l’articolo 96 del regolamento del Senato, è stata effettuata una vera e propria forma di ostruzionismo. L’istituto è piuttosto complicato e un po’ ambiguo, dato che, con un voto, su proposta di un senatore, l’aula può decidere di non esaminare gli articoli di un disegno di legge, di solito attraverso un voto palese. In questo caso, l’espressione del voto in forma segreta, ha fatto sì che venisse applicata la procedura della “tagliola”, in modo da eliminare questa legge prima ancora di esaminarla.

Sembra essere un anacronismo: le minoranze lottano per i propri diritti, come è sempre stato fatto, in periodi di oppressione sociale e culturale. All’apparenza oggigiorno i membri di qualsiasi minoranza, da coloro che fanno parte della comunità LGBTQ+ ai disabili, sono accettati e integrati all’interno della società. Ma senza una legge che tuteli queste persone, come si può pensare che siano protetti come la restante parte dei cittadini? Ci sono tantissimi esempi di persone che sono state insultate, massacrate o addirittura uccise a causa del loro aspetto, dei loro atteggiamenti “stravaganti”, o semplicemente del loro modo di vestire. 

Il problema più grande riguardo al ddl Zan è che si sta alimentando tutto ciò che ha permesso il suo boicottaggio, cioè la polarizzazione. Ridurre e appiattire tutto a due schieramenti, non solo è limitativo, ma crea dei danni irreparabili. In primis, è stato sbagliato il metodo di divulgazione del ddl, si è fatta molta propaganda sui social senza specificare cosa contenesse e cosa volesse approfondire il disegno di legge. La storia di questa legge è stata una vera e propria lotta tra fazioni, più che un confronto tra parti per capire di cosa si stesse parlando. Tutto è stato strumentalizzato e banalizzato per fare politica, sia da un lato che dall’altro. È importante capire che non si tratta di una gara da vincere, ma di un compromesso da trovare. 

Ad alimentare il dibattito si è aggiunta la Chiesa Cattolica affermando che il ddl Zan avrebbe violato alcuni passi del Concordato sottoscritto con lo Stato italiano nel 1984, rischiando di minare la “libertà di organizzazione” e la “libertà di pensiero”, dato che principi e dogmi propri del cattolicesimo si fondano su valori che vanno in netta contrapposizione con le peculiarità della comunità LGBTQ+. 

In particolare,  la Chiesa cattolica si oppone all’istituzione di una giornata dedicata all’omotransfobia e che questo tema venga affrontato nelle scuole private cattoliche. L’articolo 7 del ddl Zan prevede infatti che venga istituita una giornata di sensibilizzazione contro omofobia, lesbofobia, bifobia, transfobia al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare pregiudizi, discriminazioni e violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei princìpi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione.

Citando l’articolo 3 della Costituzione: “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Era probabilmente un’utopia, in questo momento storico, l’approvazione del ddl Zan: l’Italia, nonostante sia stato proclamato un Paese laico, di fatto non lo è, o non del tutto.

Al di là però dell’influenza che può avere avuto la posizione espressa dal Vaticano sulle scelte di voto, la maggiore responsabilità va addossata a una politica non responsabile ossia incapace di assumersi il compito di rispondere a chi oggi, soprattutto tra i cittadini più giovani, chiede uguaglianza di diritti, anche quando si tratta di essere difesi da violenza e atti di aggressione, fisica o verbale, riconducibile a una matrice omotransfobica. 

di Aurelia Daidone 4F

 

 

 

 

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