Nei mesi di Marzo, Aprile e Maggio di quest’anno, si è toccato con mano un senso di solitudine ed isolamento che ci ha segnato, forse per sempre. Terribile non è vero? Ma avete mai pensato che gli anziani nelle case di riposo vivono nello stesso modo 365 giorni l’anno?
La “sindrome dell’abbandono” purtroppo non colpisce solo i cuccioli che non si riescono ad accudire ma anche coloro che, per lo stesso motivo, vengono parcheggiati nelle case di riposo. Queste persone, specialmente a causa della pandemia, sono obbligate a rinunciare alle visite familiari, che potrebbero essere letali per decine di altri venerandi ospiti di queste candide stanze. La loro presenza è stata ed è indice di una saggezza consapevole, pronta a rispolverare ricordi e insegnamenti passati, per tramandarli a chiunque abbia voglia di mettere in pausa la propria vita frenetica, sedersi e ascoltare.
Inoltre non bisogna pensare agli anziani come ad un peso della società, i cosiddetti “parassiti”, perché sono probabilmente gli unici ad aver capito cosa significa veramente vivere e a poterlo insegnare. Sono come degli angeli terreni, buoni e con le mani, le orecchie e il cuore grande, capaci di far emergere la parte più umana di ciascun individuo. Perciò gli anziani non sono importanti solo per quanto riguarda il passato ma anche il presente.
“Ciò che è accaduto nella prima fase della pandemia ci dimostra che qualcosa bisogna fare – afferma Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio – per superare la patologia dell’isolamento”.
Le uniche proposte che potrebbero portare a dei risultati concreti sono: l’ampliamento dell’assistenza domiciliare integrata, che spesso viene fornita solo dai badanti, la regolarizzazione di questi ultimi in modo rapido e l’autodeterminazione degli anziani in grado di badare a loro stessi, che sceglierebbero di convivere con altre persone di età avanzata. Queste soluzioni porterebbero ad un miglioramento dell’umore nelle case di riposo e ad una riduzione del tasso di disoccupazione, in quanto diventare badante sarebbe molto più facile e veloce.
Le idee sono molte, le possibilità per realizzarle un po’ meno. Se solo si rivolgesse un’ulteriore attenzione a quelle prigioni bianche, piene di ricordi, la situazione porterebbe a sorprendenti risultati. Infatti non si può pensare che gli anziani si sazino di lettere e videochiamate: hanno bisogno di concretezza, certezze e quotidianità.
Se dovessi pensare ad una me proiettata in un futuro molto lontano, vorrei vivere la mia età più matura in buona compagnia e con tranquillità. Per questo mi sembra giusto che anche i giovani di qualche decennio fa possano realizzare questo loro sogno. Quindi, per favore, non dimentichiamoci dei nostri anziani, perché loro non chiederanno mai aiuto, pur avendone un bisogno enorme.
Alessia Naso