Viaggio in Italia – Novecento

“E così, mentre cammino per le sale del castello, mi trovo ad entrare improvvisamente in quella che è di certo una delle più sontuose: chiudi gli occhi e prova ad immaginarla.”

Così raccontavo all’amabile amico Usbek in una tarda serata di fine estate attorno al fuoco mentre sorseggiavamo un tè alla menta e la brezza  ridisegnava  attorno a noi le dune di sabbia. 

“Stucchi sulle porte, pavimento a scacchi bianchi e neri lucidissimo, la luce che entra dalle grandi finestre che tutto avvolge in un chiarore surreale, delicati colori pastello rosati ed  azzurri sulle pareti e sul soffitto… Ecco, appunto, il soffitto: se la tua fantasia potesse dipingere, cosa vi immagineresti? “

“Un affresco? Uno scintillante lampadario?” Mi rispose il paziente Usbek.

“Nulla di tutto ciò, mio infreddolito amico: al centro del salone, appeso al soffitto, in tutta la sua mole si trova un cavallo.” 

“Non dovresti mangiare il montone arrosto con le prugne per cena, “ mi rispose il saggio Usbek. “Porta sogni maldestri e carichi di allucinazioni.”

“Tu mi fraintendi sagace Usbek: a volte la realtà è più imprevedibile del sogno.”

 

Al Castello di Rivoli (Torino), oggi Museo di arte contemporanea, in una delle sue sale affrescate, si trova appeso da una ventina di anni un cavallo tassidermato (vi rassicuro, passato a miglior vita per vecchiaia) dalle zampe artificialmente allungate, creazione del dissacrante artista italiano Maurizio Cattelan. Sopra la testa vi pende quindi Novecento e non scervellatevi troppo nel cercare di dare un senso colto o raffinato al titolo di questa opera, lo stesso artista ci rassicura che Novecento fosse il nome del baretto newyorkese in cui era solito prendersi una brioche e proprio mentre ne addentava una pare essere stato folgorato dall’idea equina.

Amici miei, è impossibile non rimanere disorientati e sorpresi da questa apparizione perché mica siamo abituati a pensare ad un cavallo così acconciato: appeso, inerme, statico, inibito nel suo gesto più naturale, correre. La provocazione, la dissonanza, la decontestualizzazione sono i veri temi di questa opera così come di molti capolavori dell’arte contemporanea a partire da Duchamp. Dovreste andare almeno una volta ad ammirare questa opera: e quando vi ricapiterà di starvene lì con tutto il Novecento appeso sulla testa, abitando una sensazione così straniante che, scommetto, l’immagine di questa creatura triste ed allungata si accomoderà così solidamente nel vostro immaginario da tornare a visitarvi all’improvviso, mentre sorseggiate una tazza di te alla menta, anche senza una cena a basa di montone. 

Novecento, 1997, cavallo in tassidermia, imbragatura in pelle, corda, 200 x 70 x 270 cm
Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino
Donazione Amici Sostenitori del Castello di Rivoli
(foto dal sito: www.castellodirivoli.org)
testo e foto di  di Ibn Baṭṭūṭa

 

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