Una foto, un poeta: Wislawa Szymborska

“Si dice che la prima frase di ogni discorso è sempre la più difficile. Beh, ora me la sono lasciata in qualche modo alle spalle.” Così inizia il suo discorso durante la cerimonia in cui ricevette il Nobel. Già da qua possiamo capire la personalità di questa donna modesta nella vita e nello stile.
La Szymborska è stata una poetessa nel senso proprio che sta dietro il termine, lei si è contraddistinta e ha fatto qualcosa che amava, che le ha permesso di interrogarsi esplorando la realtà. Durante il discorso tenuto durante la consegna dei Nobel definisce a grandi linee che cosa sono i poeti e facendolo parla anche di se stessa. Spiega che la cosa migliore che un uomo possa fare è ripetere più e più volte due semplici parole: “Non so”. Lei ci dice che bisogna porsi domande, che non è costruttivo limitarsi e che è importante riflettere.
Ho capito che con il suo discorso e ovviamente con le sue poesie il suo desiderio era quello di trasmettere qualcosa, di fare apprezzare di più le piccole e credo proprio che ci sia riuscita.
In più occasioni la poetessa allude allo stupore, come ad esempio in Disattenzione dove parla di una “partecipazione stupita”; questa parola “stupita” ha un grande significato e racchiude l’essenza di questa donna. Lei era stupita dal mondo e dalla vita perché tutto è mutevole e al contempo singolare, lei era talvolta cinica e disincantata ma aveva il dono dello stupore ovvero di possedere uno sguardo in grado di meravigliarsi. Aveva capito, nonostante il contesto storico in cui ha vissuto che non le ha sicuramente reso la vita facile, che lo stupore ci serve  a celebrare il qui ed ora. Ha appreso sulla sua pelle l’importanza di apprezzare le mille sfaccettature e di gioire perché la vita non concede sconti a nessuno. Trovo che questo sia un grande insegnamento e che lei sia riuscita tramite immagini a rendergli onore.
In conclusione volevo aggiungere che mi sono ritrovata nelle sue parole e che trovo che il suo modo di scrivere sia estremamente piacevole ed elegante. E’ sempre riuscita a trasmettermi qualcosa e condivido molte delle sue idee e dei suoi modi di vedere il mondo. La sua volontà di essere semplice e onesta mi è arrivata e mi ha permesso di apprezzarla molto. Doveva essere proprio una bella persona.
Silvia Cadonici IV A

Foto Daniela Marangio 

Disattenzione

Ieri mi sono comportata male nel cosmo.

Ho passato tutto il giorno senza fare domanda,

senza stupirmi di niente.

Ho svolto attività quotidiane,

come se ciò fosse tutto il dovuto.

Inspirazione, espirazione, un passo dopo l’altro, incombenze,

ma senza un pensiero che andasse più in là

dell’uscire di casa e del tornarmene a casa.

Il mondo avrebbe potuto essere preso per un mondo folle,

e io l’ho preso solo per uso ordinario.

Nessun come e perché –

e da dove è saltato fuori uno così –

e a che gli servono tanti dettagli in movimento.

Ero come un chiodo piantato troppo in superficie nel muro

(e qui un paragone che mi è mancato).

Uno dopo l’altro avvenivano cambiamenti

perfino nell’ambito ristretto d’un batter d’occhio.

Su un tavolo più giovane da una mano d’un giorno più giovane

il pane di ieri era tagliato diversamente.

Le nuvole erano come non mai e la pioggia era come non mai,

poiché dopotutto cadeva con gocce diverse.

La terra girava intorno al proprio asse,

ma già in uno spazio lasciato per sempre.

È durato 24 ore buone.

1440 minuti di occasioni.

86.400 secondi in visione.

Il savoir-vivre cosmico,

benché taccia sul nostro conto,

tuttavia esige qualcosa da noi:

un po’ di attenzione, qualche frase di Pascal

e una partecipazione stupita a questo gioco

con regole ignote.

Due punti (Adelphi, 2006), trad. it. Pietro Marchesani

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