E se la storia di Cappuccetto rosso si svolgesse ora, in questo periodo così difficile? L’idea mi è venuta in mente pensando a mia nonna che, anche essendo sana e non sola, si sente isolata e fuori dal mondo. Come avrebbe fatto dunque la nonna di cappuccetto rosso senza la nipotina che le portava il pane? Non credo che questa versione della storia fosse contemplata, come non credo che questa condizione di isolamento potesse mai essere prevista, per cui, per assurdo, credo che le situazioni possano essere comparabili. Partiamo dai personaggi.
Il lupo, l’oscuro personaggio della storia, è chiaramente da mettere in paragone con questo virus letale, di cui sappiamo così poco e da cui ancora facciamo fatica a difenderci, come accade nella storia dei fratelli Grimm. Il lupo, nella storia della letteratura, è sempre stato motivo di inquietudine e, allo stesso modo, le pandemie sono sempre state motivo di morte oltre che di estrema paura.
La nonnina, invece, può essere simbolo di tutti noi, studenti o lavoratori costretti in casa, ma anche degli anziani bisognosi di cure e affetto, che in questo periodo si trovano ad essere la categoria più a rischio, in Italia come nel resto del mondo, e ad avere paura come noi, forse anche di più. In loro, nei loro ricordi raccontati mille volte, nei loro ritrovi al bar, nelle poche foto sbiadite, si nasconde l’anima del nostro paese e sarebbe devastante perderli.
La mamma, in questa storia, sembra essere il governo: ci mette in guardia, ci dice di non uscire se non per le cose indispensabili, ci ricorda che se rimaniamo uniti arriveremo presto alla tanto attesa fase due, ci dimostra come sia efficiente nonostante le differenze di pensiero politico.
Il cacciatore, anche se può sembrare un ruolo troppo marginale per persone così importanti, a questo punto, credo possa essere paragonato ai medici, essenziali e decisivi per l’esito di questa storia, che di fiaba ha poco. Come il cacciatore che con il suo arrivo decreta la morte del lupo salvando Cappuccetto e la nonnina, spero che i nostri medici potranno dichiarare la fine della pandemia a breve, dicendoci che possiamo tutti tornare a vivere.
E Cappuccetto? Cappuccetto rosso, secondo questa mia personalissima interpretazione della fiaba, può essere vista come la marea di volontari che, ogni giorno, mettono il loro impegno a disposizione della comunità: c’è chi porta la spesa agli anziani (esempio che, in questo caso, calza a pennello), chi fa uscire di casa gli animali delle persone positive, chi aiuta le farmacie a distribuire i farmaci, chi guida l’ambulanza e chi offre semplicemente quello che ha (come un po’ di musica dai balconi o un telo con scritto “andrà tutto bene” da un bambino). Da questo punto di vista, i volontari diventano i protagonisti di questa situazione drammatica che porta a riscoprire tratti di umanità che a volte tendiamo a perdere. Nessuno li obbliga ad affrontare la paura del rischio di contagio, nessuno li obbliga a donare il loro tempo, nessuno li obbliga a donare cuore ed energie alle loro comunità. Eppure lo fanno, perché confidano nel “andrà tutto bene” e nel “restiamo uniti”, perché sono persone speciali che, troppo spesso, ci dimentichiamo.
Cleo Cantù