Cos’è la Shoah? Shoah, letteralmente “tempesta devastante”, è un termine ebraico con il quale si indica lo sterminio del popolo ebraico durante il Secondo conflitto mondiale, ma più comunemente noto come la ragione per cui Anne Frank, Eva Heyman, Renia Spiegel e tanti altri vennero uccisi con la sola colpa di essere ebrei.
Sicuramente tutti conoscete quel primo nome, Anne Frank, la piccola quindicenne ebrea, rifugiata ad Amsterdam in una soffitta, che nel 1944 fu deportata ad Auschwitz. Di Anne Frank sappiamo quello che sappiamo grazie al padre Otto che decise di pubblicare i diari della figlia così da costringere chiunque li leggesse a confrontarsi con quello che era stato e a non dimenticarlo.
Anche Eva Heyman teneva un diario. Eva, tredicenne nata a Oradea, iniziò a scrivere nel 1944 raccontando, non le sue giornate come Anne, ma il lento declino della popolazione ebraica in Ungheria. La sua vita terminerà nell’ottobre del 1944, insieme a quella dei suoi nonni. Il suo diario, che inizia con la descrizione delle sirene che annunciano l’avvicinamento dei nazisti alla sua città, è stato oggetto di “rivisitazioni”, se così si possono chiamare. Dopo esser stato pubblicato per la prima volta in ungherese, tradotto in ebraico nel 1964 e in inglese, venne anche confrontato con lo stesso diario di Anne.
A maggio 2019, alcuni cortometraggi che illustrano la sua storia sono stati caricati su Instagram con il titolo Eva Stories. I video, attirando l’interesse mondiale, hanno anche suscitato vari tipi di critiche, spingendo le persone a chiedersi se fosse rispettoso ridurre a delle Instagram Stories il racconto, così lucido e drammatico, di una ragazzina vittima dell’olocausto. Il responso che sembra essere seguito, nonostante i pareri siano rimasti contrastanti, è stato in breve: qualunque mezzo mantenga viva la memoria di quello che è stato e che noi oggi siamo in grado di ricostruire solo tramite i racconti degli ultimi testimoni viventi, è valido e da considerare un omaggio alle vittime.
Renia Spiegel è il nome di un’altra scrittrice bambina, un’altra vita a cui la Shoah ha messo fine. Renia, delle tre, era la più grande: nel suo diario, scritto dai quindici ai diciotto anni, parla della sua esperienza da adolescente nel ghetto di Przemyśl, senza tralasciare argomenti ordinari come la scuola, le amicizie e il romanticismo. Il diario su cui scriveva era costituito da sette quadernini cuciti insieme e arrivò ad essere lungo 700 pagine. Dopo la morte di Renia il diario venne conservato segretamente dalla madre; non fu letto ad altri fino al 2012, quando la sorella Ariana lo fece tradurre in inglese e pubblicare in polacco nel 2016. Da Renia’s Diary: A Holocaust Journal è stato tratto un film, Broken Dreams, che commemora le vittime e la stessa Renia.
Il filo conduttore di queste tre storie sembra perciò essere la presenza di un “diario amico” nelle vite di queste tre ragazze, ma in realtà c’è una connessione più profonda: il ricordo. Il ricordo, è stato il motivo per cui tutte e tre le loro famiglie hanno deciso di condividere col mondo i diari di queste giovani scrittrici, tentando di far conoscere fatti ed emozioni che oggi noi facciamo fatica a immaginare.
Ricordare quindi è l’unica cosa che possiamo fare tutti, nel nostro piccolo, per impedire che cose, anche solo vagamente, simili possano accadere in futuro.
Cleo Cantù