Il governo belga ha recentemente introdotto ore di educazione sessuale nelle scuole, scatenando forti polemiche: 1500 persone manifestano a Bruxelles contro il progetto Evras e richiedono le dimissioni della ministra dell’insegnamento Caroline Désir, nella notte tra il 12 e il 13 settembre otto scuole sono state coinvolte in una serie di attacchi incendiari e vandalici. I muri delle scuole riportavano la scritta “No Evras”, per dimostrare il totale disappunto verso questo nuovo programma. Di cosa si tratta?
Il corso è denominato Evras, Educazione alla vita relazionale, affettiva e sessuale, e per due ore all’anno i ragazzi potranno fare delle domande su tutte le incomprensioni e i dubbi che sono relativi al mondo della sessualità a specialisti formati in questo ambito, come ad esempio domande relative alle violenze e alla contraccezione. Questo progetto esiste già dal 2012 ma fino ad ora solo il 20% delle scuole aveva aderito; così dopo la conferma del Parlamento sull’accordo di cooperazione con le scuole, il corso è diventato obbligatorio dal 7 settembre, per le fasce di età tra gli 11-12 anni e 15-16 anni.
Non si tratta di un’attività legata all’apprendimento di atti sessuali, alla visione di contenuti pornografici, come molti genitori ritengono, e come ha smentito la ministra Désir: “Ovviamente non incoraggeremo i giovani a diventare ipersessualizzati o a sviluppare un orientamento sessuale o un’identità di genere. Ho letto che avremmo “insegnato ai bambini a masturbarsi”: è assolutamente inaccettabile spaventare i genitori su questo argomento”. Secondo un’inchiesta condotta dal sito rtbf.be, coloro che hanno creato queste fake news e terrorizzato i genitori sono principalmente i movimenti di estrema destra, i gruppi religiosi islamici, cattolici e integralisti oltre che vari gruppi di cospirazioni, che non appoggiano per nessun motivo questo nuovo programma e diffondono frasi estrapolate da una sorta di “guida” che è stata pubblicata per chi effettivamente svolgerà queste ore, alimentando l’idea che i bambini verranno quindi indottrinati.
Secondo Internazionale, quello che sicuramente si può imputare al governo belga è la scarsa comunicazione fatta di getto nei mesi scorsi. Già l’approvazione di questo decreto a ridosso dell’apertura delle scuole infatti, secondo Francesca Spinelli, è “un’idea infelice”; senza per altro prevedere una maggiore comunicazione scuola-famiglia che avrebbe contribuito a placare gli animi.
Il Belgio non è l’unico stato in cui il tema dell’educazione sessuale è così caldo: anche in Italia ci sono dibattiti politici che però non raggiungono nessuna conclusione concreta. L’Italia è uno degli ultimi stati membri dell’Unione Europea in cui l’educazione sessuale non è obbligatoria. Il primo disegno di legge, che sancisce l’obbligo di inserire l’educazione sessuale nelle scuole, fu presentato nel 1975 da Giorgio Bini e diverse proposte si sono succedute dal 1995, ma l’unica cosa che si è percepita è una sorta di imbarazzo sulla materia. Pregiudizi e controversie ideologiche impediscono di creare una normativa nazionale che spieghi chiaramente cosa si intende per educazione sessuale e ponga delle linee guida per fissare gli obiettivi della materia.
A mio parere sarebbe importante trattare questi argomenti, per far capire a pieno ai ragazzi l’importanza dell’affettività e della vita sessuale: aiuterebbe a sensibilizzare il rispetto per le donne, dei diritti umani e l’uguaglianza di genere, che sono tra gli obiettivi dell’Agenda 2030.
Speriamo che presto si possa avere anche a scuola una corretta informazione su questi temi, senza arrivare a gesti violenti come in Belgio, sdoganando l’educazione sessuale come una parte importante della formazione di ogni persona.
Chiara Boschi 2E
Foto di Valentina Vitiello, presa da Europa Today