Daniele Cassioli, il sorriso di un campione

Durante l’assemblea del 9 Marzo, abbiamo conosciuto un celebre atleta: Daniele Cassioli, un pluripremiato campione di sci nautico, afflitto dalla cecità fin dalla nascita.

La diversità lo ha sempre circondato: dal banco di scuola in cui era seduto, sempre in prima fila, fino alla ricerca di uno sport in cui fosse accettato e in cui si sentisse libero. Dopo essere stato rifiutato da più di una squadra calcistica, ha iniziato ad appassionarsi al mondo dello sci invernale, dove, grazie alla sua guida a cui era legato tramite una radiolina, poteva finalmente praticare sport liberamente. Una volta presa dimestichezza con gli sci, ha scoperto una nuova passione, che gli ha fatto vincere ben 25 titoli Mondiali: lo sci nautico.  Il suo rapporto con la cecità non sempre è stato tranquillo: inizialmente era complicato conciliare la sua disabilità con le relazioni, si sentiva sempre frustrato e arrabbiato con gli altri, in quanto si continuava a domandare cosa avesse mai fatto lui per non meritarsi la vista, qualità che tanto sognava e invidiava ai suoi compagni. Solo con il tempo è arrivato alla conclusione che la sua mancanza di vista gli ha permesso di fare molte più esperienze di quante ne avrebbe mai potuto fare se fosse stato uguale agli altri.

Conoscendo dal vivo e ascoltando l’intervento di Daniele, abbiamo notato il suo grande cuore, la dedizione e l’impegno che mette in ciò che fa, un oratore che sa equilibrare una situazione particolare e complicata con un pizzico d’ironia. Con il suo discorso, ci ha lasciato un forte messaggio sulla vita di un non vedente, facendoci addentrare in un mondo che noi non conosciamo. Ci ha dimostrato come una persona afflitta da cecità affronta le giornate, da come risponde ai messaggi sul telefono a come si aggira per una grande città come Milano e come è possibile raggiungere, comunque, grandi obiettivi sportivi spesso considerati impossibili. Ed ecco le domande che gli abbiamo rivolto!

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– Ti sei mai aspettato di raggiungere un livello così alto nello sci nautico?

“ Non ho iniziato a sciare per diventare un campione, ma più per avere qualcosa da raccontare ai miei compagni, per sentirmi un po’ come loro: i miei compagni parlavano sempre del loro sport, dei loro goal, mentre io prima non avevo nulla da dire se non delle continue visite oculistiche. Io ho iniziato questo percorso come un cammino di entusiasmo, poi sono arrivate grandi aspettative che non sempre sono stato in grado di soddisfare e ho pensato di mollare, perché quando lo sport diventa angosciante e non più un piacere è difficile continuare, ma ho fatto un percorso psicologico e non mi sono arreso davanti al primo ostacolo.” 

– Che emozioni e sensazioni provi ad insegnare sci nautico ai ragazzi e ai bambini?

“Provo un senso di gratitudine, apprezzamento, ma soprattutto di responsabilità: insegnare mi fa ricordare le giornate di libertà che passavo con il mio insegnante. I bambini che si impegnano e si sentono meglio con lo sport sono ciò che più mi fa capire quanto sia importante per loro staccare da un mondo che non vedono e immergersi in un luogo in cui sono loro stessi. Insegnare è la mia chiave di accettazione. Io, per esempio, mi ricordo ancora certe parole che mi ha detto un allenatore o un insegnante, poi, quando diventiamo adulti, a volte diciamo con leggerezza delle parole che magari dentro di voi risuoneranno per sempre. Ho vissuto dinamiche diverse, persone che mi hanno in qualche modo lasciato una traccia bella, professori o allenatori che si sono presi in carico la mia storia. C’è un tempo in cui è importante prendere delle decisioni e, soprattutto, viverne le conseguenze. A volte, il fatto che i miei genitori non siano intervenuti e mi abbiano fatto andare incontro a scelte che si sono rivelate poi nel tempo sbagliate, mi ha aiutato a mettermi in gioco. Lo sport contribuisce a ciò, facendoci vivere un’esperienza unica, e insegnandoci che non si diventa bravi stando a bordo campo, ma che bisogna tentare e, talvolta, rischiare.”

-Che consiglio daresti ai ragazzi e alle ragazze che hanno una disabilità e che, per molteplici motivi, hanno difficoltà a convivere con esse?

 “Il contatto con il divertimento è una cosa molto importante e seria. Voi pensate che più si cresce meno si sorride, bisogna rivendicare e difendere il concetto di divertimento, aspetto che si perde tanto quando si ha una disabilità. Il primo ad avere l’onere di doverla accettare siamo noi, se io non avessi accettato la mia condizione sarebbe stato difficile gestire il rapporto con gli altri. Lavorare per accettare la disabilità è il primo passo e parte esclusivamente da noi.”

Veronica Panziroli e Chiara Boschi 1 E

Foto di Serena Cavazzini 1 E

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