Saper scegliere tra bene e male

Sul pullman per Mauthausen si parla di “Rielaborazione di un lutto collettivo”, ma io non ho mai vissuto un lutto sulla mia pelle. Mi sento fuori luogo. Ogni mio gesto, ogni mia parola pare esserlo.

“Ogni centimetro quadrato è intriso di sangue e di dolore per cui bisogna entrare con rispetto”, ci dicono.

Quello che ci troviamo davanti poco dopo è però tutta un’altra storia. All’ingresso una piscina e un’enorme distesa erbosa – che un tempo fungeva da campo da calcio per i generali.  Siamo davvero così fuori luogo? O forse siamo anche noi come le SS che, per trascorrere il tempo, si godono questi “sfizi”costruiti letteralmente di fianco alle cave? Noi che, pur essendo coscienti dello sfruttamento e del dolore ancora presenti nel nostro tempo,  spesso scegliamo di non saperne nulla e di intrattenerci in qualche modo, volgendo lo sguardo altrove?

L’indifferenza è comunque una scelta, penso, eppure come ripete la guida, “il carattere umano è troppo complicato per una divisione tra bene e male”. Ci riporta due esempi: la Standard Oil statunitense che, pur sapendo quali convogli andava a rifornire il loro petrolio, continuava a stringere patti con la Germania di Hitler o ancora il Signor Porsche, che più di una volta aveva visitato il campo e si era congratulato per il lavoro eccellente. Mentre in Danimarca il re affermò che, se fosse toccato a qualche suo connazionale indossare la stella gialla, anche lui lo avrebbe fatto pur di non lasciarlo da solo in preda  al dolore e alla morte. Egoismo e interessi personali: ogni Stato ha edificato un proprio monumento in memoria delle proprie vittime,  ognuno fa a gara a edificare il memoriale più grande, più stupefacente, e intanto nemmeno si accorge di star acuendo la distanza, sia fisica sia morale, con gli altri.  “Chi se ne frega degli altri?” Paiono urlare statue e blocchi di marmo finemente incisi. Non c’è dubbio allora: egoismo e indifferenza coincidono.  E come fare a superarli? Non serve pentimento – mi rispondo dopo un po’ – c’è solo bisogno di azione.

E ricordare è azione, proprio perché dopo l’osservazione (passiva) si decide di prendere in mano la vita per impiegarla al meglio, facendo sì che nel groviglio degli obiettivi non ci sia solo il proprio vantaggio ma anche e soprattutto il meglio per gli altri. Una frase sembra calzare a pennello col mio pensiero:“Molto più facile eliminare un numero che uccidere una persona”.

Fare del bene per l’altro significa prima di tutto riconoscerlo come individuo, degno,  ed è assolutamente il contrario di quanto accadeva nei campi: solo numeri, in balia della sorte, pronti a tutto per sopravvivere. Vittima o carnefice? – ci ripete la guida ogniqualvolta aggiunge un aneddoto al nostro itinerario. Ed è lì che sembrandoci impossibile rispondere, mettiamo in luce la nostra difficoltà nello scegliere, nel superare quell’indifferenza a metà tra l’agire e il subire.

Siamo fermi a cercare di capire che, come uomini, forse non siamo cambiati ma siamo ancora in tempo per farlo.

Letizia Bruno 5D

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