In questi giorni al telegiornale si è tornato a parlare di congedo mestruale grazie alla Spagna che lo ha fatto diventare legge, trasformandolo in un diritto, nero su bianco.
Anche in Italia la richiesta viene portata avanti, in particolare da alcuni licei del Lazio e di Ravenna, che hanno riempito i loro profili social con cartelli riportanti il motto “il ciclo non è una scelta, ma il congedo mestruale sì”.
Ma esattamente in cosa consiste?
E’ una proposta che nasce con lo scopo di venire incontro alle donne che, durante il ciclo mestruale, presentano disturbi e dolori così forti da rendere difficile una giornata al lavoro o a scuola. Qui entra in gioco il congedo che giustifica due o tre giorni di assenza al mese, senza che vengano conteggiate a fine anno. Non è necessario avere patologie croniche per usufruirne, basta possedere un certificato medico.
Quali sono i pareri al riguardo?
Essendo un tema divisivo ho scelto di porre personalmente la domanda a compagni e amici. Dopo una valutazione di vantaggi e svantaggi, ho potuto constatare che la maggioranza si dichiara a favore appoggiando a pieno le proteste.
Le ragazze, quasi all’unanimità, hanno evidenziato quanto possa essere difficoltoso concentrarsi e studiare in quei pochi giorni del mese: io stessa, più volte, ho dovuto ripetere che è “più che corretto, soprattutto per chi vive il ciclo mestruale come un vero problema e deve richiedere diverse e numerose visite”.
Anche i ragazzi, nonostante molti non fossero a conoscenza del congedo mestruale, si sono trovati propensi. Tra tutti, mi ha colpito il parere di un amico che appoggiava l’idea, ma evidenziava un problema non indifferente: il congedo mestruale, concedendo qualche giorno “libero”, arriverà a spingere il datore di lavoro a preferire dipendenti uomini, trasformandolo in un bastone fra le ruote? Molti calvalcherebbero l’onda chiedendosi perché dovrebbero conteggiare una presenza che non c’è stata.
La situazione si aggrava al pensare che la stessa comunità medica rimane scettica, poiché molti medici sono dell’opinione che non basti stare a casa, ma che sia necessario intervenire con delle diagnosi per capirne il problema. Altri medici non prendono posizione, ritenendo giusto il congedo mestruale solo se regolato da certi limiti: la procedura dovrebbe essere messa in atto solo in caso di patologie certificate e non di semplici malessere non deve bastare il certificato medico.
Ma perché ostacolare qualcosa che potrebbe essere un grande aiuto per chi risente pesantemente di questi pochi giorni? Qualsiasi siano le opinioni, in Italia, il congedo mestruale sta diventando un argomento sulla bocca di tutti, anche se la strada per portarlo in Senato è ancora lunga.
Quindi sta a noi migliorare qualche piccolo aspetto della quotidianità per rendere il ciclo mestruale una routine e non un problema. Se alcuni paesi, come la Scozia, regalano gli assorbenti alle donne nei supermercati perché ritenuti beni di prima necessità, perché non potremmo distribuirli nei bagni di scuole e uffici? Perché non potremmo lasciare, a chi soffre di dolori da ciclo, qualche giorno di riposo? Perché non potremmo aiutarci a vicenda per vivere in una società più inclusiva?
Foto e testo di Giulia Di Silvestro, 3A