Non ho raccontato niente – la memoria di un sopravvissuto

Non ho parlato perché pensavo che parlare di milioni di persone ridotti ad ammassi di carne senza dignità o sembianze umane non fosse credibile.  Ero un bambino all’epoca, ma, quando mi hanno separato da mia madre e ho passato quel cancello, ho smesso di esserlo.

Ho sempre pensato che se avessi testimoniato mi avrebbero detto che stavo esagerando, o che sono un vecchio che si inventa tante storie per ricevere pietà; non ho raccontato niente perché il dolore che circonda quelle poche immagini atroci, rimaste incise nella mia mente dopo la liberazione come la cicatrice sul mio braccio, era troppo grande per trasporlo in parole. Pensavo di essere l’unico con queste preoccupazioni, poi ho scoperto che il terrore di testimoniare è una realtà: intere associazioni e gruppi di supporto per i superstiti dei campi di concentramento forniscono terapia a chi la richiede e promuovono la divulgazione delle testimonianze.

Oggi però c’è qualcosa che mi spaventa più di rompere il silenzio: il fatto che certi comportamenti disumani si ripetono. Oggi non ci stupisce troppo sentire di un cimitero ebraico profanato, di una svastica fatta con lo spray sul muro, con un pennarello in un bagno a scuola o di un “sporco ebreo” sulla porta di chi ha resistito alle vessazioni e le racconta.

Perché non ci stupiamo più dell’emulazione di questo odio gratuito?


Forse allora è arrivato il momento di mettere da parte questa mia paura di non essere creduto, anche se parlare, anche se lo volessi, non è così immediato. Tanti testimoni, come Liliana Segre,  dicono sia liberatorio.

Io invece ho paura di come potrei sentirmi facendolo: paura di sentire di nuovo il gusto del pane barattato per una scheggia di sapone, paura di perdere di nuovo il fiato con le corse per il rancio che abbiamo fatto finché non si è capito che le bucce cadevano sul fondo per cui era meglio aspettare, paura di piangere per le botte prese per non aver capito il mio numero letto. Paura. E se i ricordi riaccendessero quel dolore? Probabilmente succederà, ma so che è il momento di raccontare per evitare ad altri lo stesso dolore che tanto mi spaventa.  Non voglio morire pensando “Io non ho raccontato niente”.

Cleo Cantù

— Storia di fantasia tratta dalle numerose testimonianze dei superstiti dell’Olocausto

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