Carissimo X perché non ti firmi,
cosa ti è successo, dove sei caduto?
A volte succede di “sentirsi come il pesce rosso nella boccia di vetro mentre pensavamo di inseguire le stelle”, citando un libro di alcuni anni fa di una scrittrice francese: l’eleganza del riccio. Il libro mi era tanto piaciuto perché parlava di una condizione che capita a tanti: non trovare un senso. E nella tua mente scorrono tante domande in cui si parla di insicurezza, di fragilità, di tristezza, di relazione con sé stessi e con il proprio corpo, di quello che è importante per te e che sembri aver smarrito. Come il rapporto con gli altri, da cui sembri allontanarti ma rimpiangendo quando ti sentivi come loro. E infatti nella tua lettera più volte compare la parola “mancarsi”, che mi riporta al testo di una canzone dei Coma_Cose che dice: “che schifo avere 20 anni, ma che bello avere tanta paura”, autentica e molto reale, e che mi fa pensare che anche essere adolescenti è a volte uno schifo (anche se gli adulti spesso non la pensano così), e che avere paura di alcuni aspetti sconosciuti di noi, di un corpo che sta cambiando, degli altri e del futuro (visti i tempi difficili che stiamo attraversando) sia normale e anzi possa essere prezioso se lo si condivide con gli altri perché fa sentire meno soli e meno diversi in quanto membri della razza umana.
Nella tua lettera parli di lotta contro te stesso e contro una vocina che ti dice di mollare e verso la quale ogni tanto cedi. Mi sembra però anche che tu ci veda molto bene quando sostieni che gradualmente quella vocina si è presa delle parti di te, facendoti dimenticare che sei anche altro e confondendoti sulle cose importanti. E qui arriviamo al punto: ci sono momenti (e il lockdown per esempio ha rappresentato in modi diversi un’opportunità per molti di noi) in cui le persone, indipendentemente dall’età e dall’appartenenza sociale, si domandano chi sono, che significato dare, e quali sono le cose importanti della propria esistenza. E a queste domande non ci si può sottrarre, poiché la posta in gioco può diventare molto alta. Di fronte a queste una persona può cercare facilmente delle scorciatoie per non pensarci, e la nostra società ne è piena, alcune di queste più effimere (pensiamo al successo, alla ricchezza, all’estetica), altre più dannose (il capitolo per esempio del consumo di sostanze, le dipendenze tecnologiche o l’investire sull’aspetto fisico come unica fonte di sicurezza in sé stessi).
Per rispondere a queste domande invece occorre tempo, quel tempo che alla società della velocità, della poca tolleranza di fronte alla frustrazione e della risposta immediata non piace. Quel tempo che un percorso di studi invece ti può regalare per tanti motivi, e uno di questi è rappresentato dal fatto che a scuola si è in qualche modo obbligati a stare in relazione con gli altri e avere continuamente (sia da parte che dei compagni, che dei docenti, che degli amici) un ritorno da parte loro su chi siamo e quale atteggiamento teniamo di fronte al mondo. E questa è un’esperienza di apprendimento faticosa ma fondamentale, poiché ci permette di costruire in modo più ampio la nostra identità e riflettere su noi stessi. Capire chi siamo e dove vogliamo andare.
Penso che tu queste domande le abbia davanti non credo che tu stia realmente affogando, penso che tu sia confuso perché ancora non sai chi sei, come vuoi essere e dove vuoi andare. E la scoperta di sé, e ne stai facendo esperienza, sai che comporta dei rischi relazionali, una buona dose di paura e di fatica: elementi preziosissimi della vita umana. E se vorrai parlare di te e di quello che ti succede, con chiunque vorrai, penso che sarai il benvenuto.
Silverio Zucchi