Giulio era un ragazzo come noi, nato nel 1998 a Fiumicino in provincia di Udine; si era in seguito trasferito all’estero portando a termine diversi percorsi di studio nelle più prestigiose scuole d’Europa ed America come Cambridge e Harvard.
A soli ventotto anni, si trovava nella capitale egiziana del Cairo per svolgere una ricerca sui sindacati indipendenti egiziani per il Girton College di Cambridge. Le sue ultime notizie risalgono al 25 gennaio 2016 quando mandò alla fidanzata un SMS informandola che stava uscendo. Qualche ora dopo l’amica Noura Wahby ne denuncerà la scomparsa sul proprio profilo Facebook, dichiarando che doveva incontrare Giulio nella piazza principale del Cairo ma che nessuno aveva più avuto sue notizie, e lanciando sul suo account l’hashtag #whereisgiulio.
Il suo corpo senza vita venne ritrovato solo nove giorni dopo sul ciglio della strada che porta ad Alessandria; Giulio riportava diverse ferite causate da mutilazioni, abrasioni, contusioni, lividi, fratture ossee, coltellate, proiettili, bruciature di sigarette ed incisioni fatte con un rasoio. Tutte queste ferite portarono i medici italiani che hanno svolto la biopsia ad ipotizzare una tortura da parte di un qualche soggetto egiziano che non vedeva di buon occhio gli studi che il ricercatore stava compiendo. Tuttavia subito dopo il ritrovamento del corpo, l’amministratore egiziano delle indagini dichiarò prima che Regeni era stato vittima di un incidente stradale, negando la presenza di proiettili e coltellate sul corpo, ed in seguito ipotizzando un omicidio di natura personale dovuto alla probabile omossessualità del ricercatore o allo spaccio di droga; l’autopsia ed il fatto che Giulio avesse una fidanzata smentirono subito tuttavia queste due ipotesi.
Nonostante le autorità egiziane avessero garantito il loro totale appoggio ed aiuto nelle indagini, si dimostrarono tuttavia restii a condividere con la squadra italiana inviata al Cairo anche le più semplici informazioni, come le registrazioni delle telecamere della stazione dove Giulio fu avvistato l’ultima volta, diversi tabulati telefonici e la possibilità di interrogare, in maniera consona, diversi testimoni.
Il 2 marzo 2016 venne consegnato all’ambasciata italiana del Cairo un fascicolo dove si attestava che Regeni prima della morte, avvenuta dieci ore prima del ritrovamento, era stato torturato per sette giorni ad intervalli di dieci/quattordici ore, ma non compariva niente sui risultati dell’autopsia avvenuta sul corpo del giovane.
Ventidue giorni dopo la consegna del fascicolo, la polizia egiziana uccise quattro uomini facenti parte di una nota banda di criminali ed indicati come responsabili del sequestro di Giulio, poiché specializzata nel rapimento di stranieri per estorcere loro denaro. Eppure venne in seguito scoperto, tramite tabulati telefonici, che il capo della banda non si trovava al Cairo al momento della sparizione ed uccisione di Regeni.
Vedendo che il governo egiziano, diversamente da quanto detto, continuava a non collaborare alle indagini, il 29 novembre 2018 il presidente della camera Fico decise di interrompere tutte le relazioni diplomatiche con l’Egitto finché non avrebbe visto una vero aiuto nelle indagini.
Nell’ottobre 2021 iniziò infine a Roma il processo per la morte di Giulio Regeni che vedeva quattro dei maggiori esponenti dei servizi segreti egiziani sospettati per sequestro di persona ed omicidio. Nonostante tutto, il governo egiziano non si smentì e non diede mai nessuna informazione utile per reperire i quattro 007, rendendo così il processo molto più lungo e difficoltoso.
Ad oggi ancora in molti si chiedono cosa sia successo al giovane ricercatore di Cambridge e se mai il governo egiziano ci darà una mano a darci una risposta che reputo abbia già. Sono nate nel frattempo diverse campagne e petizioni a favore di Giulio: più di 4600 accademici hanno infatti firmato per chiedere un’inchiesta sulla sua morte e diverse organizzazioni, una fra tutte Amnesty International, hanno lanciato campagne come Verità per Giulio Regeni e diverse petizioni online.
Penso che la poca collaborazione dello stato egiziano dica già tutto su chi siano i veri responsabili di questo aberrante crimine; non è possibile che nel 2021 non sia possibile una solidale collaborazione tra stati a causa di giurisdizioni così tiranniche come quella egiziana.
Giulio, la sua famiglia ed i suoi amici meritano che venga a galla la verità e per fare questo noi nel nostro piccolo dobbiamo far sentire la nostra voce: un urlo singolo sarà pure insignificante, ma se mischiato assieme a quello di altre migliaia di persone può davvero smuovere le acque, basti pensare a Patrick Zaki da poco liberato dal carcere dopo quasi due anni di reclusione. Porto le mie condoglianze alla famiglia ed agli amici di Giulio e prometto che nel mio piccolo farò qualsiasi cosa per combattere contro questo crimine.
E voi siete con me?
Federica Sala 4E