Il sole di una mattina di fine agosto ti brucia le spalle abbronzate, che stanno già iniziando a spellarsi. Hai i capelli fuori posto, la maglia al contrario, le occhiaie nere come more e a malapena ti reggi in piedi; poco importa, dormirai in macchina.
È avanzato mezzo cornetto e l’equivalente di due bicchieri d’acqua sul fondo della bottiglia da due litri, quella sarà la tua colazione; in fondo sei stato l’ultimo a svegliarsi, te lo meriti. Attorno a te, mentre ti è concessa una finestrella di cinque minuti per riprenderti e mangiare, un viavai di carrellini e valigie enormi, buste di plastica e zaini colorati, che fanno capolino come animali selvatici in mezzo al bianco delle casette e alle due tonalità di verde delle siepi e del prato; la colonna sonora della mattinata sarà un misto tra dialetto napoletano e lingue germaniche, le cui parole a te suonano indistinguibili e tutte cattivissime: colpa delle troppe consonanti.
Mamma e papà ti danno ordini e indicazioni sul da farsi: porta via la spazzatura, porta le valigie verso la macchina, porta il cane a fare i bisogni, chiudi a chiave la porta. Le tre ore di sonno rendono le frasi tutte uguali, e appena ti alzerai da quella sedia non ricorderai una parola di quel che ti è stato detto. Anzi, forse una sì.
La realtà dei fatti dice che non c’è tempo per pensare e che bisogna darsi da fare, perché tra un’ora partirai, ma la tua testa la pensa diversamente: non c’è tempo per darsi da fare, bisogna fermarsi a pensare.
Ripenserai a tutto, letteralmente: dal tramonto con la pizza in mano all’alba vista sugli scogli, dai balli in pista che non avevi mai fatto prima ai momenti più tristi, a cui già eri abituato, ma non in compagnia. Giovanni ti deve dei soldi, ma sono pochi spiccioli e tu non glieli chiederai per non fare la figura dello spilorcio. Nico, invece, non lo hai salutato. a lui spetta un messaggio; ricordatene, chissà, magari da lì nascerà un’amicizia nuova e invernale.
Tu non le hai mai capite le amicizie estive, anzi le hai sempre trovate tristi: in quello spicchio di tempo lungo due settimane, in cui la tua vita sembra allontanarsi dalla realtà, tratterai gente conosciuta sul posto come compagni di una vita, e te ne separerai pieno di tristezza, promettendo di rimanere in contatto senza sparire. Promessa che puntualmente nessuno manterrà, e di cui tutti si dimenticheranno nel giro di una settimana: dovrebbero sostituire la “promessa da marinaio” con la “promessa di qualsiasi ragazzo che ritorna a casa dopo il mare”, sicuramente si capirebbe meglio. Potresti pensare che sia stata tutta una farsa, e che nessuno abbia apprezzato te in quanto te, ma solo come numero in più all’interno della compagnia, che più grande è meglio viene nelle foto; forse hai ragione, ma non è detto. La speranza di rimanere in contatto è vera negli occhi di quasi ogni giovane, in un momento in cui l’amicizia può vivere anche senza la vicinanza.
Forza, non c’è più tempo: devi fare tutte quelle cose che iniziano con “porta”. Appena finirai, il tonfo secco del portabagagli che si chiude segnerà la fine di tutto, come un gong, come il terzo botto dopo i fuochi d’artificio: saluta l’estate, si torna a casa.
La fine dell’estate è difficile da metabolizzare, figuriamoci da spiegare. Arriva improvvisa e rapida come un fulmine, nonostante tu già sappia quando avverrà prima di partire, e con la stessa rapidità ti colpirà facendoti male: ma, nonostante tutto, c’è da dire che la fine dell’estate serve, e non è male quanto sembra.
Se è vero che la morte è il coronamento della vita di un uomo, ogni bella esperienza deve avere una fine per diventare un caro ricordo e un bel pensiero. Ogni segmento della nostra vita necessita di un secondo estremo che lo delinei, lo definisca, lo imprima nella nostra mente, e questo punto coincide proprio con la fine delle esperienze.
E se la fine non è male come sembra, a me nemmeno il rientro dispiace: sarò strano io, ma ogni anno vedo settembre come un nuovo inizio, un punto di partenza, ed ogni anno sono sempre più pronto ad immaginare cosa mi riserverà la vita. Per me l’estate è un po’ come correre la maratona: non potrai mai compiacertene finché questa non finisce.
E mentre viaggi con la musica a palla nelle orecchie e lo sguardo che scappa lontano nel paesaggio attorno a te ti dirò che la fine dell’estate, caro ragazzo, è paragonabile alle dita in gola per vomitare quando non ti senti bene; è dura e fastidiosa, sicuramente ti farà stare male, ma è necessaria per tornare alla normalità e viverla bene.
Niccolò Napolitano, 5^B