Anno all’estero: i pensieri del primo mese oltreoceano

Cinque voli, due aerei persi, due notti in aeroporto in sessanta ore di viaggio, ma alla fine eccomi qui.

È passato ormai un mese dal mio arrivo a Calgary, in Canada, e troppe cose sembrano ancora così nuove. Le strade, le persone, il cibo, le voci della mia famiglia ospitante al mattino appena sveglia e il rumore del pickup del vicino.

Eppure inizio riconoscere l’odore di casa, il numero dell’autobus che mi porta a scuola, il suono della campanella e gli zaini dei miei amici in mezzo alla folla di adolescenti che riempie i corridoi della Bowness High School tutti i giorni all’ora di pranzo (alle 12 ovviamente!).

Non è facile doversi reinventare.

Certo, penserete, sarò pure oltreoceano, ma sono sempre io. Ho scoperto in queste settimane che il passaggio non è così logico come sembra: ogni incontro è un primo incontro e con ogni dialogo lasci all’interlocutore una prima impressione di te.

I primi tempi ero così impegnata a ripetere a tutti il mio nome, correggerne la pronuncia, spiegare che vengo da Parma, una città ‘a two hours drive south of Milan’, che neanche me ne sono resa conto.

Pochi giorni fa, tuttavia, in compagnia di un piccolo gruppo di amici tedeschi (e un italiano, per fortuna!), per la prima volta mi sono sentita libera di mettere da parte tutti i filtri che mi ero imposta e ho riconosciuto in quella ragazza, decisamente troppo rumorosa per gli standard canadesi, la “me” che ormai credevo di aver lasciato all’aeroporto di Milano Linate, la mattina del 27 agosto.

Ho superato la prima sfida, ma tante altre mi aspettano ancora.

 

La scuola è piena di volti che non conosco e ogni pomeriggio per due ore ascolto l’allenatrice di pallavolo senza capire le sue richieste. Il caffè ha un sapore diverso e apro sempre Google Maps per trovare la strada di casa. Gli amici al sabato sera in Italia escono tutti insieme, mentre io guardo un film senza sottotitoli con il mio host dad.

Come uscirne?

Serve armarsi di un po’ di pazienza, di fiducia, del giusto numero di lacrime e soprattutto della curiosità e lo spirito di un bambino che, senza preoccuparsi sempre di avere tutto sotto controllo, si ferma ad apprezzare i momenti unici e i passaggi nuovi davanti a sé.

A te che parti, il mio consiglio è di “romanticizzare” sempre un po’ la tua vita: apprezza i grattacieli che si intravedono in fondo alla strada e non vergognarti di sentirti un po’ come in un film; racconta a tutti la tua storia e esagerala anche un filo. Impara più che puoi, assicurati di lasciare il tuo segno e, quando ti senti solo e lontano da casa, alza al massimo il volume della canzone più italiana che conosci.

Maria Vittoria Massetti 4F

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