Il 25 Novembre 2020 è morto Diego Armando Maradona, el Diez, el Pibe de Oro, la Mano de Dios; ci ha lasciati all’età di 60 anni a causa di un arresto cardiaco nella sua casa a Buenos Aires. Maradona verrà sempre ricordato da tutti come il miglior giocatore mai esistito, orgoglio di tutti i napoletani per aver fatto loro guadagnare la bellezza di due scudetti e una coppa UEFA, l’eroe di tutti i bambini, l’uomo capace di incredibili prodezze in campo. Come non citare il mondiale vinto in Messico nell’1986 in cui Maradona trascinò la sua squadra, l’Argentina, verso la vittoria e fece i due storici goal, uno di mano e l’altro partendo dal centro campo, dribblando otto avversari?

Ma certe volte si tende, quando viene a mancare un personaggio tanto di spicco, a far passare inosservato anche ciò che rende una leggenda come Maradona un essere umano e cioè i suoi sbagli. Proprio il giorno dedicato a sensibilizzare contro la violenza sulle donne i giornali di tutto il mondo hanno parlato di un uomo che non solo non si è mai schierato a favore di questa causa, ma ha anche spesso commesso violenze nei confronti della fidanzata. Dalla sua morte non si fa che parlare di quanto sia stato un eroe, ma come possiamo tralasciare tutti i suoi errori?
Come può un uomo che si dichiara un così grande amante dell’Italia essere il primo ad evadere il fisco italiano per la cifra di 40 milioni di euro, insultando anche Equitalia ( a cui fece il gesto dell’ombrello) durante un’intervista nel 2013 al programma Che Tempo Che Fa? E ancora, come può un vero sportivo cadere nella tentazione del doping?
Sembra quasi ironico che l’atleta sia venuto a mancare lo stesso giorno dell’uomo che definiva come un padre, Fidel Castro. L’amicizia tra i due crebbe durante la seconda visita di Maradona a Cuba per liberarsi dalla sua tossicodipendenza; i due condivisero la passione per il calcio e la politica. Maradona lo intervistò per il suo programma “La Noche del 10” dove parlarono più di politica che di calcio.
Da poco è stato celebrato il funerale dopo un’interminabile serie di commemorazioni dei tifosi in tutto il mondo. Questo dimostra come l’amore che provano quelle città, le sue città, sia passato sopra le sue scelte discutibili.
Roberto Fontanarrosa, fumettista argentino, parlando di lui disse: «No me importa lo que hiciste en tu vida. Me importa lo que hiciste en la mía». Non importa quello che hai fatto alla tua vita, importa quello che hai fatto alla mia vita.
E cosa ha fatto esattamente alle nostre? Ne abbiamo discusso in classe e, paragonando le nostre opinioni spesso contrastanti, ci siamo divisi in due. Alcuni di noi giustificavano il suo comportamento dicendo che ha regalato al mondo tantissime emozioni ( ad esempio il calcio di punizione in Napoli-Juve) e che ha fatto innamorare tutti di questo sport, consegnando il Napoli alla storia con le sue giocate “non umane”.
L’altra parte della classe invece non era certo di questo parere ed ha continuato a chiedersi se l’essere “un idolo” lo mettesse in salvo in automatico da qualsiasi forma di critica, come se di una divinità non si potesse parlar male, qualunque cosa accada ( si veda l’editoriale di Gramellini, a questo proposito).
La domanda che quindi pongo a voi lettori è: e se non fosse stato un calciatore? Se fosse stato un uomo comune, come tutti gli altri, lo avreste difeso ugualmente? Possiamo perdonare ciò che ha fatto?
Federica