Enrico Mazzone, classe 1982 nasce a Torino, frequenta un liceo scientifico e scopre la sua passione nel teatro e nell’arte. Decide di viaggiare alla scoperta dei paesi nordici, come Groenlandia, Svezia, Norvegia, Danimarca, Islanda e Finlandia. Nel lontano 2015, si dedicarsi alla produzione di un’opera alquanto suggestiva e conosciuta ai più: la Divina Commedia. Su un cartaceo di 97 metri x 4, con la peculiare tecnica della puntinatura, sta realizzando un disegno dell’opera letteraria di maggiore rilevanza di Dante, in tutte e tre le sue cantiche.
Spinta dall’entusiasmo che ha generato in me la descrizione, da parte della mia professoressa di italiano Maria Borelli, di questo eclettico artista, ho deciso di contattarlo e di proporgli un’intervista.
Com’è nata l’idea di questo progetto? Perché ha scelto proprio la Divina Commedia?
“Due mondi, le quali realtà hanno preso il sopravvento all’affabulazione di “sentirsi come Dante in una fitta e oscura selva”. Il paesaggio finlandese, che mi ha inizialmente accolto per tre soli mesi, mi ha stimolato ad un lavoro introspettivo, con l’intuizione di una volontà di andare a fondo nella mia anima. Scavallando i pensieri di una ricerca di integrità sono sceso in cinque anni di profonda meditazione, riscoprendo nella Divina Commedia un vero e proprio manuale per le istruzioni. Un codice miniato, più che un libro da leggere, in grado di definire ogni virgola emotiva, ogni sfumatura sensoriale che boschi, laghi ghiacciati e tundre hanno bene incorniciato. Nel disegno invece, ho trovato l’essenza da formulare in una serie di indicazioni iconografiche, dove i gruppi figurativi, stimolano il punto di vista dall’osservatore. Questo tipo di lavoro e lavorio, non avrei mai potuto farlo al comodo di uno studio vicino a casa mia a Torino o nella mia zona comfort. Il viaggio, a tratti le difficoltà ed un lieve senso di disagio, non avrebbe a fondo dato le idee chiare sul testo Dantesco.”
Si rispecchia nella figura di Dante o in qualche sua particolare opera?”
“Di certo siamo in tanti a poterci rispecchiare nella sua figura, a tratti vagabonda, ma spesso curiosa e creativa. Non vedo in lui che una manifestazione della forza di tolleranza e debolezza dell’animo umano. Mi spiego: il momento storico che stiamo vivendo ci permette di assaporare il valore della debolezza, dopo centinaia di secoli in cui l’umanità ha voluto e dovuto ostentare forza e conquista. Dante, nel suo percorso, offre uno stilema su come progredire, proseguire grazie a sbagli, ostacoli, paure e commozioni. Nella mia imperfezione, mi sono sentito molto vicino a questo processo di trascendenza ed accettazione. Nel Convivio invece rivedo, per riflesso, alcune parti di questo mio processo cognitivo nel quale mai potrò arrivare nel protendermi ad una conoscenza universale (che rasenta appunto il divino).”
Come mai ha prediletto l’uso della puntinatura a discapito di altre tecniche?
“Adoro le incisioni nelle quali le iconografie spiegano alcuni concetti che neanche la filosofia o la matematica arrivano a formulare. Quando la scienza del 300 non arrivava a spiegare la psicoanalisi, l’uomo si alzava osservando le stelle, per darsi una spiegazione. Navigando l’universo della metafisica, riusciva a spiegare con molta meno dottrina qualcosa di più puro e vicino alla sensibilità di Dio. Queste incisioni mi sono così care che fin dal liceo mi sono adoperato a riprodurle. I puntini e i graffi, rendono un disegno molto più vero e autentico: senza utilizzare la gomma si può notare come i chiaroscuri aumentano i volumi e le curve parallele accentuano la drammaticità della fisiognomica.”
Qual è stata la parte che ha preferito rappresentare e per quale motivo?
“Un paesaggio che riconduce al canto dove Ulisse rammenda il suo viaggio. La partenza della sua nave che si nota all’orizzonte è stata abbozzata a Rauma, nella prospettiva del porticciolo che si staglia sull’insenatura della baietta. Ho il ricordo di un attimo di chiarezza, nel quale stavo notando l’orizzonte. Nonostante stessi definendo la partenza di un viaggio lunghissimo, avevo già l’epifania di un rientro meritato ed atteso.”
Ha inserito sue tracce o firme nascoste nell’opera?
“Ci sono diversi messaggi, appunti e attimi dichiarati a scrittura. Non tutti hanno un senso relativo all’opera, ma di certo congruente al processo creativo. Ora sarei stupito anche io a rileggere quelli che sembravano effettivamente dei “Messaggi nella bottiglia ” di s.o.s. Appunti, previsioni di congiunzioni e quadrature astrologiche, nomi, numeri di telefono, momentaneamente segnati assieme ad indirizzi mail e soprattutto pensieri immediati. Costituiscono l’intero disegno di una cartina tornasole di emozioni. Sarà benvenuto il pubblico a notarli per chiedere dettagli o spiegazioni di quella che sembra realmente una scrittura automatica.”
Quali sono state le difficoltà che ha riscontrato nel portare avanti questo suo progetto?
“Un problema risolto diventa un dato di esperienza che permette di maturare, quasi un fiore di grazia che sboccia non appena il conflitto si risolve. Grazie a questa continua evoluzione si può migliorare la flessibilità in quelle che sono difficoltà future, arrivando perlomeno pronti.
Ho vissuto un quinquennio da lockdown abitando da solo e dedicando il mio tempo al lavoro, disegnando ed essendo grato di poterlo fare per piacere, passione e pazienza. Non è affatto stato facile, ma ora mi sento pronto alla realtà quotidiana, dopo essermi esercitato.”
Ha mai avuto ripensamenti o ha mai pensato di non riuscire a portare a termine quest’impresa così impegnativa e lunga?
“Sì, spesso e volentieri all’inizio delle prime quadrettature mi sono perso. Il corpo ha cambiato per primo, adattandosi ad un nuovo di concepire l’orizzontalità, alzandomi poche ore per riacquistare una postura conforme e normale. Con il passare del tempo, ogni tanto anche l’integrità mentale ha ceduto, ma di più per la difficoltà nel creare una quotidianità avvezza da burocrazie varie da risolvere. Quel periodo (2016) lo vedo e intendo come l’inizio di un insieme di adattamenti che mi hanno dato una solida, ma precaria stabilità nel procedere con attenzione. Recentemente, da almeno un mese e mezzo, ho provato sconforto e tristezza. Tutto sommato sto terminando un processo creativo e mentale oltre che fisico… è per questo tra qualche mese potrò chiudere la parentesi mancante per avere un intervallo di periodo finora, mai compiuto o punteggiato. Felice e soddisfatto infine.”
In che modo concilia vita privata e lavoro? Ha dovuto fare sacrifici per riuscire a dedicarsi al meglio al suo progetto?
“Molti sacrifici, a volte troppi e scaturenti una sensazione di apnea. Io e i miei cari genitori sappiamo quanto è avvenuto in un arco ancora più esteso e dinamico di vent’anni di preparazione. La vita privata mi manca, come mi manca il concetto di casa e famiglia, mi manca la leggerezza. Aspetto letteralmente il momento di godermi la vicinanza e l’affetto di mio papà e mia mamma.”
Quando pensa di terminare il suo lavoro? Sta già pensando al prossimo?
“Gennaio, al più tardi febbraio, 2021 sarà l’attimo in cui potrò chiudere con l’ultimo puntino un capitolo, e conto nel prossimo Dantedì di poterlo esporre in anteprima assoluta. Avrò poi bisogno e necessità di riposarmi. Al momento non ho idee per altri e prossimi progetti, se non un vezzo: fare un ritratto sempre a matita dell’imperatore Sigismondo di Lussemburgo. Per diletto e piacere personale posso disegnarlo e pensare nel frattempo a come procedere per le basi di Malta 2050.”
Quest’interessante parentesi ha per me rappresentato un piacevole viaggio alla scoperta delle immagini. L’arte, nelle sue molteplici e flesse forme, può essere interpretata in milioni di modi differenti. L’arte della letteratura, del teatro, del disegno, della puntinatura…
Questa coraggiosa spedizione, se così la vogliamo definire, delimita un tratto importante nel caso specifico di Enrico Mazzone, ma potrebbe valere per ognuno di noi. La selva oscura del nostro subconscio, della mente umana, qualche volta prevale sulla luce e offusca la via. Il nostro continuo proseguire porta alla rivaluta della nostra monotonia, trovandosi pazientemente nei piccoli gesti apparentemente ripetitivi; come schizzi di colore che pervadono una tela bianco e nera.
Inseguire i propri sogni, concetto banale e mal interpretato da molti, non aspetta un cammino spianato, ma tortuoso; colui che sopravvive non è l’animale forte o quello intelligente, ma quello capace di adattarsi. I cambiamenti sono parte integrante della nostra vita e saperli accettare, seppur disagevole, è uno dei tanti ostacoli utili a crescere.
Giorgia Gelati 3^E