I’m a foodie, 15 ottobre 2020
Io amo Netflix. Forse non dovrei dirlo e tantomeno scriverlo, non ha certo bisogno di pubblicità questa società che, secondo molti, costituisce l’ultima frontiera delle nostre dipendenze. Eppure io, che ho lo stesso telefono da otto anni, quasi sempre spento, che sto alla larga da whatsup e uso Google il meno possibile, che non pratico i social e non sono particolarmente affascinata dalle tecnologie, guardo con una certa impazienza e una malcelata gioia l’ora serale in cui chiudo tutto e mi dedico alla mia serie preferita. Non necessariamente ricca di contenuti edificanti, anzi qualche volta scientemente spensierata. Quelle sul trucco o le gare di cuochi, per intenderci.
Fino a poco tempo fa, tuttavia, mi sentivo in colpa. Il mio giansenismo di fondo mi diceva che avrei dovuto dedicare questo spazio a cose più istruttive. Non bastava a placare la mia coscienza neanche la mia scelta di guardare Netflix sempre e solo in inglese. Subtitles on, of course.
Poi, la pandemia. Che mi ha insegnato ad avere un approccio meno punitivo e più pragmatico nei confronti della quotidianità, già tanto difficile e imprevedibile, per la quale evidentemente Orazio, Seneca, Boccaccio non erano bastati. Da una settimana, però, l’assoluzione completa. La mia amica canadese Debbie mi ha suggerito di ascoltare l’intervista che Reed Hastings, CEO appunto di Netflix, ha rilasciato a Chris Anderson, il curatore dei Ted Talk. La scoperta della storia e della filosofia che sta dietro questo colosso mi ha conquistata. Così come l’impegno anche nel settore educativo di Reed Hastings, che ha iniziato la sua carriera come insegnante di matematica. Quasi un collega.
Lo so, magari non è tutto oro quello che luccica, ma quando ritrovo in qualcuno il pensiero leopardiano* secondo cui le maniere semplici sono indizio di grande valore, sono disposta a fare un salto di fede. Dunque, binge watching senza sensi di colpa e, anzi, un menu ad hoc che ci consenta una volta ogni tanto di premiarci dopo una giornata dura mangiando davanti alla TV.
Si tratta di tramezzini super imbottiti e di involtini di bresaola che possono anche risolvere una cena improvvisata dell’ultimo minuto. Come insalata si accompagnamento si potrebbe prevedere una insalata siciliana, con finocchi crudi tagliati sottili, fette di arancia pelate al vivo, olive taggiasche, sale, olio extravergine. Un omaggio alla terra della mia amica Maria Chiara.
La prossima volta credo che tornerò al dolce, con una ricetta tradizionale e più strutturata. Nel frattempo provo a sperimentare una torta salutare con farina integrale e zucchero di fiori di cocco. Prendersi cura di sé è un altro obiettivo di recente acquisizione. La proverò mentre mi riguardo l’ultima puntata di Lucifer. Trovo che Tom Ellis rappresenti sempre una grande fonte di ispirazione…
Lucetta
Tramezzini superimbottiti
Ingredienti
Pane in cassetta senza crosta affettato non troppo sottile, meglio se comprato fresco
Maionese
Bresaola a fette
Ricotta
Stracchino
Robiola
Gherigli di noci
Rucola
Radicchio rosso
Miele di castagno
Preparazione
Preparare i ripieni. Montare a crema lo stracchino e aggiungervi il radicchio tagliato sottile, nello stesso modo aggiungere i gherigli di noce e una puntina di miele alla ricotta e la rucola spezzettata alla robiola.
Tagliare il pane a fette, spalmarle con poca maionese e imbottirle bene con le creme di stracchino e di ricotta, in modo che quando le tagliate a tramezzino il ripieno formi un bel rigonfiamento.
Farcire le fette di bresaola con la crema di robiola e rucola chiudendole a involtino. Se credete, potete aggiungere un filo d’olio, pepe e limone.