Artù e Merlino, così li avevamo chiamati quando ce li portarono . Dovevamo sceglierne uno, ma come si fa a dividere due fratellini di pochi mesi. Passato un po’ di tempo i nomi ci sembrarono troppo impegantivi , meglio Bibì e Bibò. Dopo un po’ abbiamo smesso di usare anche l’accento : sono Bibi&Bibo.
Bibi è più nervosino, reattivo, sempre di fretta, sembra Bianconiglio. Capace di manifestazioni affettuose gattesche che assicurano amore eterno, e questo non vuol dire che abbia imparato che la ciccia non si mangia alle 5 del mattino. Grande pallavolista, si sistema al di là della sponda del letto: io, dall’altra parte, lancio, e lui schiaccia: ha un possesso di palletta che farebbe invidia a qualche mia alunna/o.
Bibo è il gatto che vola, nel senso letterale del verbo: è volato giù dal terzo piano per ben due volte ed è sopravvissuto come solo i gatti sanno fare, senza danni. E’ grosso, grasso, decisamente sedentario, anzi perennemente spiaggiato, non si capisce se è un tipo “tontolone della classe” o un grande meditatore: filosofeggia da mane a sera su letti e poltrone sprofondato nei suoi pensieri gatteschi.
Pretendiamo di conoscere il loro linguaggio, o meglio abbiamo inventato un linguaggio “bibesco e/o biboesco” con il quale umanizziamo e interpretiamo gli incredibili atteggiamenti e le loro buffe espressioni .
Tutto ciò ci dimostra come l’affetto per loro ci abbia adeguatamente e felicemente rimbambiti.
Francesca Alletto