What’s up guys ?
Ricordo come fosse ieri, quando con un semplice “ciao” e magari un abbraccio, ho salutato tutti i miei amici, compagni di classe e parenti, per iniziare un lungo anno da exchange student negli Stati Uniti…
Sono passati ormai 8 mesi ed ogni giorno imparo una nuova parola, una tradizione, un nuovo modo di pensare, faccio nuove amicizie e meglio comprendo, sempre più a fondo, la società e la cultura americana. E’ difficile descrivere la bellezza e l’unicità dell’esperienza che sto trascorrendo.
Le procedure di assegnazione del placement sono piuttosto complesse e fino a due settimane prima della mia partenza non sapevo minimamente quale sarebbe stata la mia meta esatta, ma ciò non mi spaventava. Una mattina appena sveglio, mentre ero in vacanza con dei miei amici, ho notato sul mio telefono la mail relativa al mio placement: Nashville. Ho subito pensato…”Wow, Nashville ! Sarà interessante vivere in una grande metropoli (circa 2 milioni di abitanti)”…… ma poco dopo ho realizzato che la “mia” Nashville non è quella del Tennessee ma quella del Michigan, una cittadina di circa 2.000 abitanti. Negli Stati Uniti infatti è molto comune trovare piccole cittadine con nomi di grandi metropoli o città Europee; infatti vivo a solo 10 minuti da Portland, 5 da Charlotte ma anche 15 da Parma e 25 da Ravenna!
L’High school non è solo il fulcro della vita scolastica di noi ragazzi ma anche di quella sociale e sportiva: si pratica quotidianamente sport, si fanno partite e campionati, feste e balli periodicamente. La partecipazione ai molteplici eventi (sportivi e non solo) da parte degli studenti è quasi completa ed anche la comunità degli adulti è sempre presente in massa.
Posso confermare che quasi tutti gli stereotipi sulle scuole americane sono veri: gli armadietti a scuola, il cambio di aula per ogni materia, i mitici autobus gialli, il giornalino della scuola ogni settimana, l’inno nazionale e l’alzabandiera all’inizio della giornata scolastica. Che dire poi della famosa pizza con l’ananas (prima o dopo troverò il coraggio di assaggiarla) oppure dei fucili e delle pistole esposti “in supersconto” nelle vetrine del supermercato accanto magari ai televisori….. Durante i primi tempi del mio soggiorno mi sembrava di essere in un qualunque film ambientato negli Stati Uniti.
Il programma scolastico è diverso da quello della scuola italiana, qui si sceglie un piano di studio individuale basato su moduli “semestrali” da un lungo elenco di materie (non c’è purtroppo né latino né filosofia) e l’orario delle lezioni va dalle 8 alle 15 (e dalle 15-17 sport ) da lunedì a venerdì. Prima di partire sentivo dire da tanti che la scuola americana è più facile della nostra ma vi assicuro che non è così: è solo diversa. Certamente durante i primi mesi e principalmente a scuola tutto è stato molto impegnativo: la comprensione di una lingua diversa e l’adattamento a modelli e stili di vita differenti da quelli occidentali. Vi assicuro che molte sere, fra scuola e sport, arrivavo a sera esausto e qualche volta senza avere le energie per cenare ma nonostante ciò ho ottenuto anche il premio come migliore studente dell’high school del primo semestre.
E poi c’è lo sport, che è suddiviso in stagioni:
- Football, Soccer, Cross Country, Volleyball, Cheerleader, in autunno
- Basketball, Competitive Cheer, Wrestling in inverno
- Baseball, Girl Soccer, Golf, truck (atletica ) in primavera
Per quanto mi riguarda, da baskettaro convinto quale sono e dovendo quindi restare in “doloroso” stand by fino ad ottobre, ho optato per il Cross Country (corsa campestre) anche se non avevo però preso bene le misure al clima del Michigan che non è per nulla mite……….. Infatti, se durante la mia prima gara la temperatura era 20° la terza 35°, la sesta 15°, la penultima 25° e l’ultima 0° e sempre con la stessa canottiera da corridore della scuola….. Detto ciò, anche se sono certo che non correrò mai più Cross Country, devo riconoscere di avere fatto una buona scelta perché è stata un’ottima esperienza per migliorare la mia resistenza fisica, trascorrere piacevoli giornate in compagnia e stringere nuove amicizie con quasi tutti i membri della squadra della scuola.
Ai primi di novembre è finalmente iniziata la stagione del basket ad un ritmo molto elevato; tutti i giorni (sabato escluso) 2 ore di allenamento, generalmente appena terminate le lezioni scolastiche. Inoltre, si giocano 2 o 3 partite a settimana.
Ogni partita nelle scuola americane ha un’atmosfera “magica” e per uno sportivo come me era emozionante: almeno quattro-cinquecento spettatori, inno nazionale prima della partita, bar con pop corn ed hot dogs, tv locale per registrare le partite, tabellone luminoso gigante, jazz band, cheerleaders….e anche lo speaker che annuncia i quintetti ……“For Maple Valley high school, as froward, senior, Davide Illari”! Non dimenticherò mai quando dopo il canestro del pareggio contro la squadra di Potterville (il derby) gli spettatori hanno iniziato ad acclamare a gran voce: “ Di-vi-da! Di-vi-da! (Il mio nome all’americana) oppure quando una sera dopo l District Final, mi hanno intervistato in diretta sulla rete tv locale.
Riassumendo, quali sono i pro e i contro della mia esperienza?
Personalmente, ho deciso già dai mesi antecedenti alla mia partenza di non pensare e riflettere eccessivamente su eventuali “contro” perché questa esperienza deve essere interpretata e vissuta come una occasione unica nella vita. L’approccio giusto, comunque con la consapevolezza che non sarà una passeggiata e che dovrò anche studiare molto al mio rientro in Italia per recuperare le materie “perse”, deve essere quello di interpretare questo periodo come una importante integrazione del proprio bagaglio esperienziale, culturale e di vita sociale. Non deve rappresentare assolutamente una alternativa alla propria vita quotidiana (prima o poi ritorna) ed occorre essere determinati a vivere a fondo l’intero anno, mettendosi quotidianamente in gioco ed imparando ad affrontare anche eventuali momenti difficili (homesickness la malinconia). Da parte mia, ho provato veramente la mancanza di “casa” solamente una volta, dopo circa un mese di soggiorno, durante un pomeriggio uggioso quando dovevo finire alcuni compiti. Superato quel momento, ogni giorno è stato in crescita: positivo, speciale e divertente.
Un esempio fra i tanti è quello del giorno in cui mi sono reso improvvisamente conto che stavo pensando direttamente in inglese e mi sono sentito pienamente realizzato ed orgoglioso di avere raggiunto un importante traguardo. Ora riesco ad ascoltare le lezioni in classe senza fare troppi passaggi mentali di traduzioni varie, studiare e fare i compiti con più serenità, esprimermi alla pari con i miei compagni di classe o amici americani.
Potrei continuare con i “pro” riempendo ancora un’altra pagina, ma descriverò questa esperienza con una sola esclamazione: “Live your American Dream” !
Davide Illari