Come funziona l’astrofisica e quali sono i suoi limiti? Il 24 novembre per i ragazzi del Bertolucci è stato possibile fare un po’ di luce sull’argomento. Secondo quanto appurato, non si possono avere dati sperimentali alla mano e l’esplorazione diretta dell’Universo è possibile solo entro il sistema solare.
È molto riduttivo, però, parlare in questo modo delle due ore passate assieme a Simona Righini, la quale comincia il discorso con un’affermazione che cattura immediatamente l’attenzione dei giovani presenti: “L’astrofisica ci permette di guardare nel passato.” Ed è vero, oltre che frase d’effetto, perché ciò che vediamo si trova ad una distanza talmente ampia da noi da trasformare il tempo. E ancora: “Uno degli strumenti che ci permette di osservare il passato è il radiotelescopio”, un’antenna parabolica di grandi dimensioni capace di ricevere onde elettromagnetiche che vengono riflesse verso il punto di fuoco della parabola, dove poi vengono convertite in segnale elettrico. Sembra complicato… e infatti lo è.
In Italia ci sono due radiotelescopi di grandezza media: uno è a Medicina, in Emilia-Romagna, lo stesso dove lavora Simona, e l’altro è a Noto, in Sicilia. Entrambi sono singole parabole con un diametro di 32 metri. A Medicina si trova anche un radiotelescopio più grande, costituito da una serie di archi di parabola. Un terzo radiotelescopio inaugurato del 2013 è il Sardinia Radio Telescope, nella regione sarda, costituito da una singola parabola con un diametero di 64 metri. Il più grande, però, è in mano ai Cinesi, ed è del diametro di 500 metri.
Simona ci parla anche di un progetto che potrebbe rivoluzionare per sempre le attuali conoscenza astronomiche: il progetto SKA (Square Kilometre Array). L’idea di base sarebbe quella di unire le forze di due radiotelescopi, uno nel deserto dell’Australia occidentale e uno in Sud Africa, che porteranno poi ad un’area complessiva di 1.000.000 mq.
“Il problema più grande? Non è soltanto un fattore economico, bensì l’archiviazione dei dati: soltanto quello australiano produrrà 127 terabyte al secondo… ed 1 terabyte è il massimo spazio dall’uomo raggiunto fino ad ora”.
Dopo aver lasciato molti ragazzi esterrefatti, Simona si racconta: è stata l’unico membro della sua famiglia che ha potuto fare l’università, e sua nonna la vedeva come una specie di scienziato pazzo. “Ma era il mio sogno fin da bambina, non potevo fare a meno di guardare il cielo”.
E non finisce di stupire: “Come vi immaginate il lavoro dell’astronomo?” Qualcuno alza la mano, parlando di una persona che osserva tutto il giorno il cielo da un grosso telescopio. Lei sorride e proietta un video, nel quale si vede un ufficio come tanti altri, e uomini e donne che lavorano al computer.
“Passo al computer gran parte del mio tempo, a dire il vero. Come ben saprete, l’Italia è un Paese estremamente burocratico, per ogni respiro che fai devi compilare un modulo. Trasformo dei dati in grafici, qualche volta, anche se già l’anno scorso avevo dovuto arrangiarmi per trovare un altro lavoro… ma il cielo lo osservo sempre, e la vista rimane mozzafiato.”
Manuel Pettenati, Giorgia Zantei