Playback e lip-sync: le parole preferite dagli “idoli” di questo secolo

“Posso venire a registrare dei pezzi da cantare in playback?”

Questa la richiesta che ho sentito rivolgere da una giovane “cantante” di Parma a un produttore musicale. Sebbene alle mie orecchie fosse giunta come una delle peggiori imprecazioni mai concepite, Alessandro, il produttore, non ha fatto nemmeno una piega.

Non si tratta solo di una presa in giro nei confronti del pubblico, si tratta proprio di principio: con che coraggio ti definisci cantante, se di fatto non canti? Diventi un ulteriore lustrino nella veste glitterata (e nemmeno troppo lunga) del mondo del “puttan-pop” (è il termine tecnico, lo giuro), proprio come un’odierna Jessica Rabbit.

È che ormai, in un mondo come quello della produzione discografica, accessori di dubbio gusto come l’auto-tune sono diventati il pane quotidiano: anche l’album, la prova fisica del tuo talento, diviene polvere (sbrilluccicante) negli occhi del popolo. È per questo che sono arrivata alla seguente conclusione: ci è dato misurare le abilità canore di un cantante soltanto per il suo approccio sul palco. Se canta bene, è uno vero; altrimenti è solo una bambola di pezza dai vestiti improbabili. Purtroppo per me, dopo numerose ricerche e aver scoperto quanti cantanti al giorno d’oggi facciano uso del playback, più o meno abitualmente, ho capito che la distinzione va allargata di un poco: se canta, è uno vero; ed è incredibile quanta gente non faccia neanche quello.

Inaspettatamente, non parliamo solo di belle bamboline senza talento che hanno ricevuto una spintarella (o uno spintone): Mariah Carey, conderata tra le celebrity bianche quella con l’estensione vocale più elevata, ha registrato un vero record di belle figure; ma non solo lei, anche Selena Gomez e Justin Bieber e Katy Perry e…
Ce ne sono davvero infinite. (Ho trovato persino un corso accelerato su come beccarli sul misfatto!)

Qualcuno però potrebbe dire: se un cantante non si sente bene, cosa può fare? Perdere centinaia di soldi annullando un concerto? Be’, Adele l’ha fatto. E se non si vuole perdere danaro, si può sempre seguire il nobile esempio di Lauryn Hill, nel live di MTV Unplugged No. 2.0, dove è senza voce ma comunque meravigliosa (e non manca l’autoironia, come suggerisce la fragorosa risata alla fine di un brano.)

E’ molto semplice trarne una morale: se ami il tuo lavoro, se ami cantare, tu canterai; se ami il tuo pubblico, e non li vedi tutti con una banconota al posto della faccia, tu canterai… dal vivo; questi sono alcuni degli insegnamenti che un idolo dovrebbe darti. Quanto è deprimente il modo in cui è cambiato il significato di questa parola negli ultimi anni? Ed io che pensavo la si usasse per definire qualcuno che ha qualcosa da insegnarti… o, per lo meno, qualcosa che vada oltre il “sapere gestire la colossale figuraccia di quando ti dimentichi di portare il microfono alla bocca nel momento giusto”. Bah. Forse sono all’antica.

Giorgia Zantei

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