Quando si nomina una casa protetta viene da abbassare lo sguardo e sospirare mentre si immaginano lunghi corridoi silenziosi, pareti spoglie e file di letti con le sponde. Il 26 Ottobre alla residenza vicino a Piazzale Fiume, a dispetto della bassa temperatura e della quiete del quartiere, siamo arrivati noi, ragazzi del Bertolucci: una piccola oasi colorata nel grigiore di un mercoledì pomeriggio, per scaldare una stanza dalle pareti arancio vivo con un coro squillante e la buona musica di una volta. Protagonisti gli anziani: avvolti nei loro maglioni colorati, i visi solcati dalle rughe ma illuminati da uno sguardo sveglio e attento, e noi giovani con la pelle liscia e la voce ferma, pronti a cantare insieme a loro “Romagna mia” .
E allora si prova a tenere il ritmo di quelle canzoni d’altri tempi che arrivano a tutti i cuori , levandoci dall’impiccio di “rompere il ghiaccio” e sciogliendolo a poco a poco col loro calore. Quando le voci cominciano a incrinarsi e un qualche colpo di tosse interrompe l’armonia, si inizia ad avvertire un certo appetito e si dà il via alla condivisione. Gli anziani sono maestri nell’ascolto, anche nel poco tempo della merenda passato con completi sconosciuti come noi hanno saputo creare un’atmosfera accogliente ed interessata .
Ascoltare, una pratica per la quale nessuno ha più tempo, quel momento dove si lascia da parte ciò che si sta facendo per dedicarsi ad un altro .
Queste chiacchiere hanno reso l’esperienza una fusione tra due millenni. Anziani e giovani sono come le due facce di una medaglia : sono fatti dello stesso metallo, gli uni ancora senza una figura distinta , gli altri con un’effigie forgiata durante gli anni, resa resistente ai graffi della vita.
Per questo motivo quando parlavo con Anna, Maria, Vanda, mi sentivo fatta della stessa tempra: vedevo nei loro occhi un entusiasmo comune a quello che riesco a trovare nei miei, mi sentivo accolta e ascoltata. È questo che per me ha reso speciale quel pomeriggio, l’essere tutti insieme e lo stare bene insieme, il condividere la gioia, il divertirsi e il cantare sulla stessa melodia, il chiacchierare e trovarsi inaspettatamente sulla stessa onda.
Ma sono le parole dette lentamente mentre ci si stringe la mano prima di andare via quelle che veramente porti a casa da un’esperienza di questo genere, parole sussurrate che sembrano lasciare dentro di te un pezzetto della persona che ha fatto lo sforzo di consegnartele .
Allora si ripensa a quando si è entrati nella stanza poche ore prima, al momento di imbarazzo, agli sguardi fissi su di noi e su quanto andarsene sia diverso; a quante emozioni ci saremmo persi se fossimo rimasti a casa come forse ci era venuta la tentazione di fare .
Allegri Ester