Il Bertolucci marcia per la Pace

“PerugiAssisi A che serve marciare per la pace?” È questo il titolo della conferenza a cui partecipiamo, noi delegazione pacifica del Liceo Bertolucci, nel pomeriggio di sabato 8 ottobre, in preparazione alla marcia di domenica. Siamo venuti ad ascoltare, a capire, a guardare in faccia quelli che marceranno insieme a noi.

Ci sono i ragazzi della scuola di Amatrice che dal palco ci raccontano che la scuola non è solo un edificio ma un posto dove si costruisce speranza; la loro presenza è un segno fortissimo, sottolinea il preside Aluisi Tosolini, coordinatore delle scuole per la pace. “Le piante crescono lentamente, occorre curarle, innaffiarle: la scuola fa proprio questo: semina speranza”. C’è la mamma di Vittorio Arrigoni, scrittore, morto a Gaza dove si era trasferito per provare, concretamente, a fare la pace. Ci parla di suo figlio con parole piene di dignità e di dolore: “mio figlio avrebbe voluto che sulla sua tomba ci fossero le parole di Mandela :un vincitore è un sognatore che non si è arreso”. E “Restate umani”, la sua frase preferita.

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C’è l’avvocatessa Ballerini, legale della famiglia Regeni: ringrazia chi sostiene la lotta della famiglia per avere la verità, perché non sia infangata la memoria di Giulio, un ragazzo come tanti, col torto “di avere troppi amici, di cercare il dialogo”. Ci guardiamo, decidiamo di mettere la bandiera gialla che chiede verità per Giulio, davanti alla nostra scuola. E’ una piccola cosa ma la faremo.

Sul palco sale il giornalista Borrometi, minacciato per il suo lavoro ma che promette di continuare a fare la pace così, facendo il proprio dovere, l’europarlamentare Cecyle Kyenge, che ci racconta della valigia con cui è partita dalla sua terra con il sogno di fare il medico: “non smettete mai di sognare e di avere passione per quello che fate. La pace degli altri è anche la vostra“. Parla Antonio Papisca, difensore dei diritti umani, parlano quelli del Comitato 3 ottobre, in difesa dei diritti dei migranti, parla Jean Fabre, obiettore di coscienza: “siete la prima generazione costretta a rifare il mondo e le relazioni tra le persone. Potete scegliere su quali valori rifarlo. Potete dire no allo sfruttamento, alla guerra”. Avete capito a che serve marciare? Ci saluta Flavio Lotti, coordinatore della marcia. A ricaricare le batterie!

E finalmente è il momento. Assisi è avvolta dalla nebbia, la mattina di domenica 9 ottobre, mentre gruppi sparsi di persone, scuole, bandiere, cominciano a riempirla: un popolo multiforme e coloratissimo che ha la faccia dei ragazzi di mezza età con le bandiere arcobaleno annodate come mantelli, dei bambini delle scuole sotto i cappellini tutti uguali con i loro allegri striscioni, degli irriducibili in bicicletta e di quelli a piedi nudi, o con la fisarmonica, o i cani, con le fasce tricolori da sindaco o i tamburi, e in mezzo a tutti loro anche noi, i cinquanta del Bertolucci.

Una parte di noi, i musicisti della sezione Musicale, si posizionano sulla Rocca Maggiore, dove terminerà la marcia, per accompagnare gli interventi dal palco e lo svolgersi di questa lunga giornata di cammino partita alle 7.30 da Perugia e lunga 25 km.

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Chi fra noi non suona cammina, si mescola inevitabilmente agli altri gruppi, spinge una compagna in carrozzina, intona canzoni. E’ un serpentone pacifico ma lunghissimo quello che arriva alla mattonata di Assisi, l’ultimo tratto di cammino; tra i nomi delle tante persone che anni fa hanno comprato un mattone per contribuire alla costruzione della strada, c’è anche il nome di una ragazza di noi. Fotografiamo il mattone, ci stupiamo di averlo trovato in mezzo ai milioni di nomi e mattoncini della strada. Il senso ci pare esattamente questo: ci siamo, siamo qui, siamo insieme. E’ solo un mattone ma è il nostro. Non servono azioni eroiche per cambiare il mondo. Serve esserci, come scuola e come cittadini consapevoli, non farsi abbattere dal pessimismo, dalla paura, uscire da casa e dalle classi per dire che la speranza esiste. Il nostro mattone c’è. Noi ci siamo.

prof. M. Borelli

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