Cyber-nascondere dietro ad uno schermo le nostre insicurezze. In memoria di Amanda

 

Le fragilità dell’adolescenza che ognuno di noi ha tentato o ancora tenta di celare ci spinge a mostrare soltanto frivole sicurezze di carta: questa è la verità taciuta da tantissimi giovani. Gli stessi che ogni giorno si recano su internet, che si scrivono con persone che non conoscono, fissando eventuali incontri. Ci sentiamo gratificati da questi rapporti, forse perchè ci dicono che siamo bellissimi, e così compiamo una leggerezza, ci scambiamo dei dati, apparentemente inutili. Così può cominciare un incubo. Così ne sono cominciati innumerevoli.

Il 10 ottobre sarà il quarto anniversario della morte di Amanda Todd, la ragazzina che è stata vittima per tanti anni di cyberbullismo… una delle tante. La sua “storia infinita” (così la definisce nel video pubblicato alcuni giorni prima di uccidersi https://www.youtube.com/watch?v=s9tkcjiAvys) comincia a causa di alcuni fatali errori, commessi grazie alle pressioni delle persone che fingevano di amarla. La sua storia non è un caso isolato, presenta tratti, leggerezze, fatalità comuni a moltissime altre, decine di tasselli che hanno composto il sentiero con il quale ora siamo arrivati a vedere il cyberbullismo punibile legalmente.

La scia di morti è lunghissima: 16 ottobre 2006, Megan Meier viene trovata appesa ad una corda in camera sua. Ragioni del suicidio: un ragazzo conosciuto in rete, un certo “Josh Evans” dopo aver stretto con lei una certa amicizia comincia a riempirla di insulti, per il suo peso, per il suo aspetto, o addirittura frasi del calibro “Il mondo sarebbe un posto migliore senza di te”; quest’ultima frase, che le è fatale, viene scritta da una delle sue migliori amiche, che si unisce allo scherzo ideato da alcuni suoi vicini. E così Megan si toglie la vita, ad appena quattordici anni. E dalla sua storia è stato tratto un celebre film, Cyberbully.

Non dobbiamo per forza andare in territorio statunitense per parlare di gesti di questa natura: Carolina Picchio, 14enne piemontese, si butta dal terzo piano per un filmato che riprende il suo stupro. Andrea Vercelli, 27enne, si uccide per alcune sue immagini infamanti pubblicate da un gruppo di amici su Facebook. L’ultima disgrazia è Tiziana Cantone, 31enne, che si è suicidata per un suo video hard postato su internet. Una lista infinita di morti insensate, di giovani con ancora  tanto da vivere, che si trovano in un vicolo cieco, senza apparente via d’uscita che escluda la morte.

In questo panorama agghiacciante, però la via d’uscita Andrea l’ha trovata: “Ho scelto me”. Andrea è una 15enne che per anni ha vissuto esperienze di cyberbullismo, che non nasconde di aver più volte pensato al suicidio e persino di averci provato una volta; l’idea del male che avrebbe recato alla madre l’ha trattenuta.

Si tratta di un caso più unico che raro, purtoppo. Il Ministero prova con i suoi mezzi a sponsorizzare spot pubblicitari dove lo slogan è: “Ricorda, il problema non sei tu”, sperando che in qualche modo il messaggio giunga alla persona interessata, e riesca a far giungere nel cuore avvelenato dei ragazzi uno spiraglio di luce. Perchè è da loro che si deve partire. Su internet non cesseranno mai gli insulti, perchè è troppo comodo lapidare l’autostima altrui dalla propria scrivania. Bisogna insegnare alle anime fragili degli adolescenti a farsi scivolare addosso le offese, a non sottovalutarsi, a non cedere, a non rispondere nemmeno. Perchè non spegnere il portatile e passare un po’ più di tempo con la propria famiglia, o con gli amici reali, o in compagnia di un buon libro, di una canzone stimolante? Fuori dalla nostra camera il cielo è azzurro e limpido, e un sole cocente ci sta aspettando là fuori, per investirci della sua calda luce.

Giorgia Zantei

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