La gelosia non è amore

La gelosia è l’emozione distruttiva per eccellenza in quanto consuma chi la prova, inducendolo a desiderare in modo sempre più intenso il controllo dell’oggetto del desiderio. Questo desiderio, spinto al limite estremo, conduce all’eliminazione fisica della persona oggetto della gelosia, quando essa non appare più controllabile da chi è divorato da questo sentimento malsano. E’ raro che proviamo sensazioni forti e viscerali come quelle che è capace di suscitare la gelosia: la nostra esperienza di bambini gelosi dei propri fratelli può ricordarcelo bene! 

Essa ha mosso gli uomini a imprese eccezionali come descritto dal poeta Lodovico Ariosto che nel suo poema epico “L’Orlando furioso” ha immaginato il prode Orlando folle di gelosia, tanto da descriverlo alla ricerca del senno perduto addirittura sulla luna. Più spesso però la gelosia ha causato grandi disastri come raccontato nell’epica classica e nelle tragedie. Celeberrima la vicenda dell’Otello di Shakespeare che, consumato dalla propria gelosia, arriva ad uccidere Desdemona, giustificando la propria violenza come atto estremo di amore. 

La gelosia, pur essendo un sentimento dalle connotazioni essenzialmente negative, fino a non molti anni fa nel nostro paese è stata la giustificazione di numerosi  delitti; si parlava infatti di “delitto d’onore” e la legge ammetteva il “movente passionale”. E d’altra parte tutti prima o poi facciamo i conti con questo sentimento, chi più e chi meno. Proprio per questo motivo è necessario riflettere sul seguente quesito: fino a che punto è legittimo provare gelosia? Quando diventa ossessione e se ne diventa succubi? 

Soprattutto tra i giovani questa questione è molto attuale e piuttosto discussa. È giustificato che un ragazzo dica alla propria partner “non voglio che esci da sola con i tuoi amici” oppure è un’affermazione inappropriata?

Possiamo prendere in considerazione alcuni dati raccolti da interviste indirizzate agli adolescenti, ai quali viene chiesto di esprimere la loro opinione sulla gelosia all’interno di una relazione. Quasi il 19% dei ragazzi dichiara di essere stato spaventato da atteggiamenti aggressivi o violenti del proprio partner, ed il 17% delle ragazze e dei ragazzi sostiene che di tanto in tanto uno schiaffo “può scappare”. Ma la cosa che spaventa di più è il fatto che il 32% delle ragazze e il 56% dei ragazzi è d’accordo sul fatto che la gelosia sia un’espressione d’amore.

Com’è possibile? Non è assurdo che espressioni estreme della gelosia come la violenza siano così normalizzate tra i giovani? Ebbene per rispondere a questa domanda bisogna fare un salto indietro e dare uno sguardo d’insieme alla faccenda.

Innanzitutto bisogna ricordarsi che a fare le spese di questa “gelosia” sono quasi sempre le donne, che spesso e volentieri sono vittima di violenze fisiche, verbali, psicologiche ed emotive.  Pur essendoci diverse leggi a tutela delle donne che puniscono questo tipo di comportamenti, difficilmente si discute sui complessi meccanismi che portano fino a quel punto, quando ormai il danno è già stato fatto. Spesso non si riesce a prevenire proprio perché non si percepisce il lento e progressivo passaggio che trasforma un accettabile livello di gelosia in comportamenti patologici; talvolta è anche a causa dell’omertà di chi vede i segnali  ma si rifiuta di intervenire, minimizzando ciò che in realtà predice esiti tragici.

Il caso più esemplificativo di questa dinamica negli ultimi tempi è l’omicidio di Giulia Cecchettin per mano del ex fidanzato di lei, Filippo Turetta. Quest’ ultimo, mosso da una gelosia logorante, è giunto all’estremo atto di uccidere Giulia, incapace di accettare che lei lo avesse lasciato, dopo essersi resa conto dei comportamenti tossici e ingiustificabili del suo ragazzo.

Questa tragedia  mi porta a riflettere su come Turetta sia un prodotto della nostra società. È poi così breve il passo che separa le relazioni tossiche descritte prima da un atto omicida? Eppure una fetta grandissima di giovani ritiene normali certi comportamenti, spaventosamente vicini all’atto di uccidere. Questo dato può essere forse spiegato dal fatto che certi atteggiamenti vengono legittimati ogni giorno dall’indifferenza della società. Comportamenti violenti e desiderio di possesso dell’altro sono frutto di un progressivo, quotidiano avvicinamento delle persone ad essi. Questa deriva pare essere inarrestabile e purtroppo non adeguatamente compresa e rilevata a livello sociale.

Programmi televisivi e canzoni amate dai giovani spesso inneggiano al sessismo e alla mercificazione delle donne; stereotipi di genere  ed un degrado culturale che incoraggia sempre più a risolvere i propri problemi imponendosi con la forza fisica piuttosto che con il ragionamento paiono essere ormai “sdoganati”. Tutto ciò si manifesta in maniera amplificata nei giovani, che venendo continuamente esposti a questi messaggi finiscono per introiettarli e ripeterli a loro volta.

Sia chiaro; questa problematica, sia pur in maniera meno condivisa e più sommersa, è sempre esistita e a ricordarcelo sono le parole di una  canzone, apparentemente disimpegnata e scanzonata, scritta nel ‘92 dal cantautore Gianni Morandi. Il testo recita così: “…È che sono un po’ geloso, Ma ti amo per davvero, Sì, va be’ l’autonomia, Ma ricorda che sei mia. Banane, lamponi, chi c’era con te?, Chi c’era stasera? Io sono il tuo amore, sei solo per me…

In fin dei conti la dinamica descritta da “Banane e Lamponi” non si discosta molto da quelle che segnano l’inizio del calvario a cui sono sottoposte oggi tante donne, vittime dei loro compagni. Morandi tuttavia usa una parola, “autonomia”, che rimanda al concetto di libertà.

In ogni relazione tutti dovrebbero avere il diritto di sentirsi liberi e non essere vincolati in maniera morbosa ai desideri dell’altro. Per sopravvivere e durare nel tempo una relazione ha bisogno di rispetto e fiducia reciproca, valori che non devono essere mai soffocati dalla gelosia. L’amore non è sinonimo di possesso; sarebbe auspicabile che venisse associato all’idea della “cura” della persona amata, come ha cantato un altro cantautore italiano, Franco Battiato, in una bellissima poesia in musica intitolata appunto “La cura”. C’è in particolare una strofa di questo brano che mi colpisce : “Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore, dalle ossessioni delle tue manie, supererò le correnti gravitazionali, lo spazio e la luce per non farti invecchiare, e guarirai da tutte le malattie, perché sei un essere speciale, ed io, avrò cura di te”. In questi versi per me, è racchiusa l’essenza della canzone di Battiato, il suo messaggio, ossia l’amore come “cura” dell’altro e supporto reciproco, incondizionato, fatto di tanti piccoli gesti quotidiani.

Enrico Bianchi

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