Donare per rinascere

Informarsi sulla donazione degli organi significa poter prendere una decisione consapevole, un gesto che non solo salva vite, ma dona speranza a chi attende un trapianto.

Il 17 marzo 2025, alcuni professionisti del Centro Trapianti Rene-Pancreas dell’Ospedale di Parma hanno visitato la nostra scuola, offrendo un’opportunità unica per approfondire il tema della donazione di organi. L’incontro ha permesso di conoscere il lavoro di medici e volontari che operano con dedizione per migliorare la vita di chi è in attesa di un trapianto.

I reni filtrano il sangue, eliminando le scorie. Quando smettono di funzionare, la dialisi diventa necessaria, ma limita la qualità della vita. Un trapianto può restituire anni di libertà dalle sedute dialitiche. Tuttavia, la lista d’attesa è lunga: in Italia si può attendere da tre a vent’anni per un rene compatibile. I pazienti più giovani spesso aspettano di più, poiché si preferisce donare organi di età simile. La storia di Luca, 49 anni, che festeggia il decimo anniversario dal trapianto, dimostra quanto questa opportunità possa cambiare la vita. In una video-testimonianza Luca ha sottolineato l’importanza della donazione partendo dalla sua esperienza personale, condivisa con generosità per sensibilizzare su questo tema.

Il trapianto non è una soluzione immediata né priva di difficoltà: chi riceve un organo deve assumere farmaci immunosoppressori a vita per evitare il rigetto. Tuttavia, il miglioramento della qualità della vita è significativo, permettendo di tornare a lavorare, studiare e viaggiare con maggiore libertà.

Durante l’incontro è emerso quanto sia cruciale esprimere in vita la propria volontà di donare. In Italia, se non si dichiara esplicitamente, la decisione spetta ai familiari. È possibile registrare la propria scelta all’ufficio anagrafe, aderire all’AIDO o portare con sé un documento che lo attesti o anche un proprio scritto nel portafoglio in cui si dichiara la volontà di donare. Il “silenzio assenso” non garantisce la donazione automatica: serve sempre una dichiarazione esplicita.

Un timore irrazionale che può  bloccare la scelta della donazione è quello del rischio di essere dichiarati morti quando si è invece ancora in vita. Proprio per questo è stato particolarmente utile l’excursus che ha delineato con chiarezza il percorso storico attraverso cui, nel corso del tempo, gli uomini hanno imparato a interpretare i segni della morte. A partire dalla metà del Novecento, con la nascita delle prime terapie intensive, la medicina ha iniziato a confrontarsi con nuove possibilità di intervento sui pazienti in condizioni critiche. Un passaggio fondamentale si verifica nel 1968, quando ad Harvard viene introdotto il principio secondo cui un paziente può essere dichiarato morto nel momento in cui i segni del decesso risultano irreversibili: se il battito cardiaco è mantenuto esclusivamente da un supporto artificiale e cessa non appena questo viene interrotto, la morte deve essere accertata. In Italia, nel 1994  la legge codifica ufficialmente la morte con un approccio particolarmente garantista, stabilendo che, oltre all’irreversibilità dei sintomi, sia necessaria anche la conferma della morte encefalica, attestata da un elettroencefalogramma piatto.

Esprimersi sulla donazione non riguarda solo chi attende un organo, ma anche noi stessi: siamo artefici del nostro destino, e poter decidere cosa fare del nostro corpo dopo la morte è un’opportunità di autodeterminazione. Riflettere su questa scelta trasforma una perdita in un dono di vita.

Una volontaria AIDO ha sottolineato: «Esprimere la propria volontà può fare la differenza tra la vita e la morte per molte persone». Un solo donatore può salvare fino a sette vite, e con circa 9.000 pazienti in lista d’attesa, ogni scelta conta.

Donare significa dare speranza. Nessuno può sapere se un giorno potrebbe averne bisogno. Per questo, è essenziale informarsi e scegliere consapevolmente. L’incontro con il Centro Trapianti di Parma ci ha lasciato una lezione preziosa: la donazione non è solo un atto di altruismo, ma una vera opportunità di rinascita. Per la generosità con la quale hanno condiviso con noi la loro esperienza professionale e umana, vogliamo ringraziare  medici, infermiere e volontari per il tempo che ci hanno dedicato.

Gli alunni e le alunne della 5°B 

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