GRAZIELLA GHISALBERTI
Nel lontano 20 ottobre del 1944 un orribile evento colpì la scuola elementare di Gorla, un quartiere a Milano. Dei 200 bambini, che si trovavano nell’istituto, solo 16 furono superstiti. Una tra le poche vite salvate fu la giovane Graziella Ghisalberti, una bambina dell’età di soli 7 anni.
La scuola era iniziata da soli 5 giorni, ma Graziella aveva già fatto spiccare la sua bravura nello scrivere la D maiuscola. Proprio per questo fu premiata dall’insegnante la quale le disse di andare a mostrare il suo compito in segreteria. Così la piccolina fece, impugnò il foglio, con su scritta l’esercitazione, e poi si avviò. Tornata in classe, contenta del precedente successo, l’allarme iniziò a suonare. Il suo urlo agghiacciante preoccupò chiunque si trovava nell’istituto. Senza controllo i bambini corsero in cerca di riparo, mentre la maestra ordinava a loro di lasciare l’istituto. Sopra le loro teste grandi uccelli metallici scagliavano palle infuocate che invocavano la parola “morte”. La piccola Graziella, senza ascoltare la professoressa tentò ben due volte di andare nelle cantine della scuola, ma invano. Allora cambiò la sua rotta dirigendosi verso l’uscita principale, ma arrivata davanti al portone cadde di fronte a quest’ultimo. Non riuscì più ad alzarsi, a causa dello spostamento d’aria dell’esplosione, fino a quando il custode del palazzo la prese per il braccio per portarla nei seminterrati. Proprio grazie a questo fatto riuscì a sopravvivere alla terribile tragedia. Dopo quel giorno la notte si tramutò in un mostro. Gli incubi si infrangevano nei suoi sogni. Ormai aveva in testa solo l’immagine dei morti.
Diventata grande, durante il settantesimo anniversario della strage, un professore americano si avvicinò a lei dandole le sue più sincere scuse. L’uomo, Robert Bloomhuff, si fece carico sulle sue spalle di una responsabilità che il governo del suo paese non si è mai assunta. Graziella ebbe il coraggio di accogliere le sue sincere scuse facendo pace con uno dei suoi più grandi nemici.
Arianna Banzola, 1C
SE LA MEMORIA RESISTE: La testimonianza di una sopravvissuta, Gorla 1944: una ferita aperta e una speranza viva.
“Finché sono al mondo” è un toccante documentario che racconta le tragedie di Gorla, avvenute vicino a Milano nel 1944. Attraverso le testimonianze di chi ha vissuto da bambino quel terribile evento, il filmato ricostruisce le ore della strage e le conseguenze sulla vita della comunità.
La bomba che colpì la scuola elementare Francesco Crispi portò via la vita a 184 bambini e 20 insegnanti e collaboratori scolastici, lasciando un segno profondo nell’animo di chi in prima persona ha vissuto l’avvenimento. In particolare Maria Luisa Rumi, riporta e trasmette al pubblico i suoi numerosi messaggi.
Maria Luisa Rumi, sopravvissuta alla strage di Gorla, incarna la resistenza umana in tutta la sua forza. Come ha raccontato nel documentario, nonostante il dolore per la perdita dei suoi compagni di classe, è riuscita a ricostruire la sua vita, dimostrando una straordinaria capacità di affrontare la sofferenza e di andare avanti. La sua storia è un esempio di come l’essere umano possa superare anche le prove più difficili, mantenendo la speranza e la voglia di vivere.
Inoltre la sua testimonianza è fondamentale per mantenere in vita la memoria sulla strage di Gorla. Lei infatti ha sottolineato l’importanza di non dimenticare, di trasmettere alle nuove generazioni la consapevolezza di quanto accaduto. Tutto quello che ci ha comunicato è una risorsa molto importante, un invito a riflettere sul bisogno di creare un futuro migliore ai giovani adulti basato sulla fratellanza.
La capacità di ricordare i volti e i nomi dei compagni di classe è un gesto di profondo rispetto per le vittime e un avvertimento affinché simili tragedie non si ripetano. Infatti ricordare coloro che sono stati dimenticati è un appello universale alla necessità di costruire un futuro fondato sulla giustizia e sulla riconciliazione.
Il documentario e in particolare la testimonianza di Maria Luisa Rumi ci invitano a riflettere quindi l’importanza di tramandare la storia e non dimenticare le vittime, le ferite profonde che un evento della guerra lascia nell’infanzia e la capacità di molte persone nell’affrontare il dolore e ricostruire la propria vita.
Martina Brindisi, 1C
GIUDITTA TRENTAROSSI E I SUOI RICORDI: Il bombardamento di Gorla
Il 20 ottobre 1944 un bombardamento aereo, frutto di un errore da parte delle forze armate americane colpì la scuola elementare Francesco Crispi, dove morirono 184 bambini e 20 adulti.
Il dolore di quella strage ha travolto intere famiglie e ha segnato per sempre la vita di chi è riuscito a sopravvivere. Purtroppo questa strage è stata spesso dimenticata dalla memoria collettiva.
Grazie alle testimonianze dei sopravvissuti è ancora possibile rivivere quei momenti e saperne di più.
Una pattuglia di aerei americani, durante una missione su Sesto San Giovanni, non riuscì a colpire l’obiettivo, un impianto della Breda, e, prima di tornare alla base in Puglia, sganciò le bombe sul quartiere di Gorla. Una delle bombe centrò la scuola elementare Francesco Crispi, dove centinaia di bambini stavano trascorrendo la loro giornata.
A distanza di quasi ottant’anni alcuni dei sopravvissuti a quella strage raccontano ancora la loro esperienza, tra questi: Maria Luisa Rumi, Graziella Ghisalberti, Giuditta Trentarossi, Giuliano Lazzaroni, Sergio Francescatti, Antonietta e Elena Lazzaroni. Pur nel dolore queste persone hanno trovato la forza di raccontare la loro storia.
Tra le testimonianze più toccanti c’è quella di Giuditta Trentarossi che era una bambina di soli 8 anni durante l’avvenimento. Giuditta ricorda bene quella mattina: il cielo era sereno e tutto sembrava normale. Ricorda il suono delle sirene che dicevano di scappare e tutto poi è diventato buio. Si è ritrovata sotto le macerie, ma fortunatamente fu estratta viva.
Il dolore per la morte dei suoi compagni e l’angoscia la segnarono per sempre l’anima. Per molti anni ebbe incubi ricorrenti e i rumori improvvisi le facevano rivivere la paura Negli anni raccontò la sua esperienza in modo da onorare la memoria dei bambini che non ce l’hanno fatta.
Il documentario “Finché sono al mondo” e altre iniziative permettono a queste storie di arrivare a un pubblico più vasto, così che il ricordo di quella strage non vada mai perso.
È un insegnamento per tutti noi: la guerra lascia cicatrici che non guariscono mai.
Linda Canuti, 1C
L’IMPORTANZA DELLA RICONCILIAZIONE: L’ammirevole gesto di Robert Blumhuff che ci fa riflettere su quanto sia importante ricordare e chiedere perdono.
Da 20 anni il venti ottobre, nel quartiere di Gorla a Milano, un insegnante di storia americano in pensione e una dolce anziana signora si tengono la mano. Insieme a tante altre persone ricordano la strage di Gorla, avvenuta il 20 ottobre 1944.
Quel giorno i bombardieri americani decollarono dalle loro basi militari pugliesi per colpire gli stabilimenti, nei pressi di Milano, dove si costruivano armamenti per l’esercito tedesco.
A causa di uno sbaglio di rotta, non conclusero il progetto e non potendo atterrare con le bombe ormai innescate, le sganciarono sul quartiere abitato di Gorla.
Distrussero così case e negozi; provocarono inoltre la morte di 184 alunni della scuola elementare Francesco Crispi.
Robert Blumhuff, un insegnante americano, dieci anni fa, decise di prendere un volo per l’Italia ed essere presente alla commemorazione.
Infatti, poco prima del settantesimo anniversario della strage, mentre stava effettuando una ricerca su internet, trovò una fotografia della statua dedicate alle vittime di Gorla. Scoprì così questo episodio che non trova spazio nei libri di testo di storia americani.
Si sentì pertanto in dovere di presenziare alla cerimonia per chiedere scusa.
Non riusciva ad accettare la decisione del comandante statunitense di sganciare le bombe su un territorio abitato. Provenendo da una famiglia di soldati, sapeva che gli aerei militari non possono atterrare con gli ordigni innescati e che occorre eventualmente sganciarli in mare o in territori non abitati.
Non comprendeva inoltre il comportamento dell’esercito americano che ha cercato di tenere nascosto questo fatto, camuffando il fallimento della missione nei documenti di guerra.
In Italia Robert conobbe la signora Graziella Ghisalberti, una dei pochi sopravvissuti alla strage. Lei si impegna quotidianamente per raccontare a tutti l’accaduto e lo farà finché sarà al mondo.
Il professore le ha portato dei fiori e le ha chiesto scusa per i gesti sconsiderati del comandante e dell’esercito americano.
Nonostante il suo dolore, Graziella gli ha proposto “di fare la pace” e da allora il professore presenzia ogni anno alla cerimonia tenendole la mano.
Sono tanti gli aspetti di questa vicenda che mi hanno colpito: i genitori che non hanno visto tornare i propri figli da scuola, i sacrifici delle famiglie per costruire un monumento, ma più di tutti il gesto di quest’uomo. E’ un gesto nobile che dà molta speranza in questo mondo in cui le persone tendono a non ammettere i propri errori e a non ricordare gli sbagli del passato.
Vittoria Di Bella, 1C
GABRIELLA RUMI: “La memoria nella cartella”
“Finché sono al mondo” è un documentario per ricordare la strage del 20 ottobre 1944 nel quartiere di Gorla a Milano dove alle 11.27 il comandante americano ordina di sganciare le bombe sulla scuola elementare “Francesco Crispi”. Questa scelta causerà la morte di 184 persone tra bambini ed insegnanti, solo pochissimi si salveranno, e ricorderanno i compagni di classe, i fratelli, gli amici.
Gabriella Rumi non era ancora nata quel giorno, ad andare a scuola era però la sorellina Gabriella, che era in prima elementare e il fratello maggiore era andato a prenderla.
La bomba caduta lì vicino li ha uccisi mano nella mano.
La madre è distrutta, ma decide lo stesso di ricrearsi una nuova vita, dà al mondo una nuova bambina: Gabriella, chiamata così in onore della piccola figlia di appena sei anni morta sotto le macerie.
La famiglia di Gabriella è molto protettiva e vive una vita difficile, la madre infatti aveva fatto seppellire la prima figlioletta con il velo della prima comunione, ed il fratello con una camicia e dei pantaloncini corti.
La madre però non si dà pace e continua a ripetersi che il bambino aveva freddo con i pantaloni corti e voleva rivedere il volto della figlia coperto dal velo. Così dopo neanche un anno dalla sepoltura dei due bambini le bare vengono tirate fuori e finalmente la madre può salutare un’ultima volta i figli e trovare finalmente la pace.
Nella storia di Gabriella Rumi si capisce come e quanto i traumi della guerra segnino anche le persone che non la vivono in prima persona, una tra queste è proprio la protagonista di questa storia, che conserva con sé la cartella del fratello con un astuccio con delle matite spezzate ed il ricordo di tutti i bambini morti quella luminosissima mattina di ottobre.
Mia Ferrari, 1C
LA VITA APPESA A UN FILO: La Strage di Gorla: Milano, 20 ottobre 1944
“Finché sono al mondo” è un documentario ideato e realizzato da Mario Calabresi che racconta la vicenda della strage di Gorla attraverso le testimonianze dei suoi sopravvissuti.
La strage di Gorla è avvenuta il 20 ottobre 1944, quando i bombardieri americani, con l’intento di colpire delle fabbriche naziste, bombardarono accidentalmente la scuola elementare Francesco Crispi, portando alla morte di 19 maestri e 184 bambini tra i 5 e i 10 anni.
Dalla visione del documentario mi ha particolarmente impressionata come la sopravvivenza, o la morte, fosse dettata unicamente dal caso.
Ambrogino era un bambino di sei anni che in quel mattino decise di nascondersi nel fienile di casa sua, per saltare la scuola. Per pura coincidenza, però, il padre lo trovò e lo portò a scuola, non sapendo di aver appena scolpito il nome del figlio su una lapide.
Il padre di Ambrogino non si è mai perdonato l’accaduto: il senso di colpa l’ha lacerato per il resto della sua vita, tutto per una semplice coincidenza, una combinazione di sfortunate circostanze.
Sergio invece frequentava la seconda elementare e tutte le fredde mattine andava a scuola con un cappotto regalatogli dal padre, e che quindi aveva un valore importante per lui. Il giorno della strage, tutta la sua classe, come da regolamento, si era rifugiata nel seminterrato della scuola, tutta tranne Sergio: aveva lasciato il suo cappotto in classe ed era corso a recuperarlo, perché non poteva immaginare di separarsene. Sergio è stato l’unico sopravvissuto della sua classe, tutto grazie ad una pura coincidenza: cosa sarebbe successo se quel mattino non fosse venuto a scuola con il cappotto?
Queste due testimonianze, secondo il mio punto di vista, sono segno di come la vita dipenda da piccole azioni, piccoli pensieri e dettagli minuti: la vita è appesa a un filo e spesso noi non ce ne accorgiamo nemmeno.
Viola Folli, 1C
LE VOCI DI DUE BAMBINE: Lella e Luisa
Non conoscevo la storia del bombardamento di Gorla avvenuto il 20 ottobre 1944. È un pezzetto di storia che mi ha colpito profondamente perché vede come protagonisti dei bambini che sono morti nel luogo che noi frequentiamo tutti i giorni cioè la scuola.
Le voci di tutti i testimoni sopravvissuti mi hanno colpito, in particolare però quelle di Graziella, detta Lella, e di Maria Luisa Graziella e Maria Luisa, infatti, all’epoca del bombardamento, frequentavano la scuola elementare che è stata colpita da una delle bombe lanciata da quegli aerei militari che, avendo fallito la missione di distruggere la fabbrica della Breda, non potendo atterrare alla base in Puglia carichi di bombe ormai innescate, le avevano sganciate verso luoghi frequentati da civili.
Le due signore hanno un ricordo ancora molto vivo di quegli istanti, entrambe sono scappate in tempo dall’edificio, proteggendosi la testa con la loro cartella.
La cartella e l’inchiostro erano beni così preziosi che in un momento tanto drammatico, Graziella pensa che se fosse morta non li avrebbe più utilizzati, ma se invece fosse sopravvissuta e li avesse persi, la mamma l’avrebbe sgridata duramente.
Molto commovente la storia, sempre raccontata da questa sopravvissuta, di Ambrogino, un bimbo che non ne voleva sapere di andare a scuola; per tre volte quel giorno era scappato e per tre volte il papà lo aveva ricondotto in quell’edificio nel quale è rimasto per sempre.
Il terrore di quegli istanti ha caratterizzato tutta l’infanzia di queste bambine che avevano paura alla sera, quando si spegnevano le luci, perché vedevano morti ovunque.
Le mamme di Lella e di Luisa, si sentivano in difetto perché le loro figlie erano sopravvissute a differenza di quei 184 bambini che erano morti.
Le voci di queste due signore, la loro testimonianza, servono per mantenere vivo il ricordo di questa tragedia, ma ancora di più, come loro stesse hanno affermato, per far comprendere il valore dello stare insieme e l’importanza di considerare l’altro uguale a noi.
Giovanni Pozzi, 1C
AMERICA E ITALIA: scuse in ritardo.
Cos’è il perdono? Basta chiedere scusa per le proprie colpe? Oppure serve qualcosa di più?
Purtroppo no, non basta domandare scusa, è necessario, prima, comprendere a pieno ciò che si è fatto e decidere cosa fare in futuro per rimediare. Un esempio di questo tipo di comportamento è il signor Robert Blumhuff.
Il 20 ottobre, durante la commemorazione davanti al monumento, ha portato dei fiori in memoria dei bambini e di tutte le vittime del disastro di Gorla. Qui ha incontrato Gabriella Ghisalberti; un signora che non solo ha lavorato duramente per garantire la costruzione del monumento ma è anche tra i pochi sopravvissuti al bombardamento. In quell’occasione il giovane americano si è scusato da parte di tutto il suo paese nonostante lui non fosse neanche nato ai tempi dell’avvenimento; il signor Robert è andato a parlare direttamente con la signora Ghisalberti, la quale purtroppo non conosceva bene l’inglese ma è riuscita riuscita a comprendere la parola più importante “sorry”.
Mi ha colpito particolarmente il fatto che l’esercito americano abbia deciso di insabbiare tutto dimenticandosi del fatale errore compiuto da sei aerei bombardieri che, cercando di distruggere tre fabbriche di armi, hanno sbagliato traiettoria colpendo il centro abitato di Gorla nel quale aveva sede una scuola elementare. sono morti centottantaquattro bambini e dodici insegnanti senza contare le innumerevoli vittime tra i civili che vivevano nell’area circostante.
Mi commuovono le parole di Gabriella Ghisalberti: “ facciamo la pace, non l’hanno fatta in passato facciamola noi ora”. questa è la frase che ha rivolto al signor Robert trasmettendo speranza in una pace duratura nel futuro.
Matilde Rossi, 1C
VITTIME INNOCENTI: La strage di Gorla e il peso della guerra
A ottant’anni dal bombardamento del 20 ottobre del 1944 Il documentario “Finché sono al mondo” ci riporta con forza a una delle pagine più buie della nostra storia: la strage di Gorla. Un massacro in cui tantissime vittime civili innocenti hanno perso la vita.
Nell’autunno del 1944 gli Alleati, per sabotare la produzione bellica tedesca, decisero di sferrare un massiccio bombardamento che aveva come obiettivo la distruzione di alcune industrie lombarde convertite alla produzione di armamenti. Tuttavia una deviazione di rotta compromise la missione e il comandante ordinò lo sgancio immediato degli ordigni che andarono a colpire il quartiere di Gorla e la sua scuola. Questo gesto, ancora oggi incomprensibile, trasformò un luogo di gioia e apprendimento in un cimitero segnando indelebilmente le vite di un’intera comunità e costringendo i sopravvissuti a portare, per tutta la vita, sulle loro spalle il peso di un dolore immenso.
È proprio all’interno della scuola “Francesco Crispi” che si intrecciano le vicende e il dolore di numerose famiglie i cui bambini sono stati ingiustamente strappati alla vita troppo presto. Impossibile non ricordare Ambrogino Sironi, al suo primo giorno di scuola, e i fratelli Rumi che si tenevano per mano nel vano tentativo di mettersi in salvo.
La vita di tanti sopravvissuti, fra cui Sergio Francescatti, è stata profondamente segnata da questa tragedia. Il signor Francescatti ha raccontato che per il trauma e la violenza di quanto visto quel giorno non è più stato in grado di distinguere il colore degli occhi delle persone.
La strage di Gorla è solo uno dei tanti esempi di come le guerre mietano un numero altissimo di vittime civili, colpendo indiscriminatamente tutta la popolazione che paga, senza avere alcuna colpa, un prezzo altissimo per i conflitti. Le loro storie, troppo spesso dimenticate, ci ricordano il disvalore della guerra e ci insegnano che la guerra non è fatta solo di grandi battaglie ma anche di tragedie umane che segnano profondamente la vita di tante persone.
Marta Scrollavezza, 1C
Link di approfondimento:
https://www.raiplay.it/programmi/finchesonoalmondo