Il processo di digitalizzazione delle attività umane, soprattutto a seguito della pandemia da Covid 19 che ha impedito di fatto ogni tipo di assembramento, ha ricevuto un grande slancio in moltissimi settori, tra cui anche quello della cultura. Le istituzioni museali, particolarmente colpite durante la quarantena, dopo aver compreso che non ci sarebbe stato un completo ritorno alla normalità, hanno cominciato a guardare a potenziali soluzioni che fondevano tra loro arte e tecnologia.
All’inizio della pandemia, non avendo molte altre alternative, si è insistito soprattutto sulle visite virtuali a distanza, le quali offrivano al visitatore un’esperienza simile a quella che avrebbe avuto dal vivo grazie alla riproduzione fedele in 3D degli ambienti museali. Tali tipi di visite garantivano anche altri vantaggi come, per esempio, quello di diminuire la difficoltà delle persone a raggiungere un sito, permettendo la visita di opere meno famose, destinate altrimenti ai depositi, e di opere considerate fragili e che quindi non potevano essere sempre messe in esposizione, per non parlare poi della possibilità di ricreare realtà scomparse. Questo nuovo modo di esplorare un museo, inoltre, riusciva a catturare l’attenzione dei giovani, avvicinandoli al mondo dell’arte che ai loro occhi appariva come qualcosa di moderno e intrigante.
Tuttavia, sorsero diversi svantaggi relativi a questa nuova modalità, tra cui la problematica legata alla velocità e alla tenuta della connessione che rischiavano, infatti, di incidere negativamente sul piacere della visita. Inoltre, la mancanza di un’esperienza diretta con le opere e con lo spazio che le accoglieva rappresentava un ostacolo insormontabile.
Con la graduale riapertura dei musei si pensò ad una soluzione alternativa a quella precedentemente creata: un’esperienza in loco migliorata dall’utilizzo di tecnologie che avrebbero permesso una fruizione immersiva e multisensoriale. Un espediente sempre più usato è quello di utilizzare applicazioni che permettono di osservare gli artefatti attraverso l’impiego di realtà aumentata o di caschi per ricreare luoghi e atmosfere perduti nel tempo. Alcuni musei offrono anche una maggiore interattività con le opere esposte attraverso quiz, domande e giochi.
Da allora sono nati diversi musei in tutto il mondo dove venne adottata la nuova fusione tra arte e tecnologia:
Frameless, Regno Unito
E’ la più grande esperienza d’arte immersiva permanente. Conta quattro gallerie, ognuna dedicata a capolavori iconici, che offrono un’esperienza che permette ai visitatori di immergersi nell’arte accompagnati da una colonna sonora appositamente creata.
https://www.visitlondon.com/it/cosa-fare/luogo/49238804-frameless
“Notte Stellata di Van Gogh al Frameless”
Museo Nazionale del Cinema, Torino
Il museo, ospitato all’interno della Mole Antonelliana di Torino, è da sempre meta di turisti anche grazie alle innovazioni tecnologiche implementate negli anni, che permettono un’esperienza immersiva e digitale attraverso il mondo della filmografia.
“Il mondo di Tim Burton, esposizione al Museo Nazionale del Cinema”
Museo del Futuro, Dubai
Il museo pone come obiettivo quello di raccontare e approfondire come la società potrebbe diventare negli anni a venire grazie alla scienza e alla tecnologia.
https://museumofthefuture.ae/en/about-us
E’ possibile che molte delle novità che nascono in questi anni rimarranno nei musei del futuro, che diventeranno luoghi interattivi dove il visitatore potrà interagire con l’opera e il suo artista. Ciò contribuirà quindi ad una visione più dinamica e rivoluzionaria che guiderà il settore culturale a una completa trasformazione digitale.
Angelica De Filippo 3F
Foto in copertina di BizTimes