Come mai, durante un’ordinaria giornata di scuola, sotto ad una cattedra solitamente occupata da un insegnante, si nasconde Falstaff, in procinto di tendere un agguato al Sig. Ford? E perché, poco dopo, lo stesso Falstaff indice una riunione straordinaria, con tanto di studenti e professori, per tentare di capire chi abbia rubato il suo preziosissimo quadro? Nulla di strano, o meglio, nulla di stranissimo: il 23 settembre, in occasione del Verdi-off, abbiamo assistito ad una rivisitazione in chiave contemporanea della famosa opera del Maestro, Falstaff, appunto.
La rappresentazione, a cura di Collettivo Linus, si svolge in una scuola ( nella storia originale invece era ambientata più di seicento anni fa, esattamente agli inizi del quindicesimo secolo). La trama non ruota intorno al panciuto “seduttore” John Falstaff, bensì al “preside” John Falstaff e alle sue indagini per recuperare un quadro di grande valore, rubatogli, a suo dire, da un “insegnante” o uno “studente”.
E sono proprio questi ultimi ad essere interrogati dallo stesso Falstaff, che tenta in tutti i modi di recuperare il suo quadro. Durante la rappresentazione sono i dialoghi tra Falstaff e gli “insegnanti”, sostituti moderni dei protagonisti originali dell’opera, a rendere lo spettatore partecipe degli stati d’animo e dei pensieri di ciascuno dei personaggi, che percepiscono la vicenda ognuno alla propria maniera.
Alla fine, quando arriva il momento di fare chiarezza sulla scomparsa del quadro, il furto passa in secondo piano e tutti i personaggi cominciano a fare una sorta di mea culpa collettivo, quasi a voler dire che il problema non è solo Falstaff: c’è chi si confessa reo di essere troppo superficiale, chi capisce che deve essere meno duro con sé stesso e chi ammette che non può rimanere un eterno bambino e deve crescere. Ed infine anche Falstaff ammette il suo senso di inadeguatezza, che lo spinge ad essere autoritario e egocentrico e a mal rispondere agli scherzi dei docenti che si prendono spesso gioco di lui.
Sulle note finali dell’opera, anche se il quadro non è stato ritrovato, è proprio Falstaff ad affermare la celebre frase: “Tutto nel mondo è burla, l’uomo è nato burlone”. E in virtù di questa massima siamo sicuri che il celeberrimo compositore di Busseto avrebbe gradito la rivisitazione del Collettivo Linus, così come l’abbiamo gradita noi.
Enrico Bianchi, 3^E
foto di Valentina Vitiello 3E