È da anni che il nostro liceo offre la possibilità di partecipare ai progetti Erasmus. L’anno scorso, quindi, è stata presentata alle attuali seconde Cambridge l’opportunità di passare un mese scolastico in Francia, precisamente a Nantes, una città nella parte nord dello stato a 40 minuti dal mare.
Personalmente ho sempre amato viaggiare, conoscere nuove culture e imparare e migliorare grazie all’incontro con gli altri. E suppongo possa essere questo ad avermi portato qui ora. Sono ormai a metà della mia esperienza in Francia, cominciata agli inizi di settembre, e che terminerà il 6 ottobre. Vivo in una famiglia di cinque persone con due genitori indaffarati ma molto premurosi, e tre figli di cui uno della mia età. Si sono da subito impegnati tutti per farmi sentire a casa il più possibile, partendo dal renderle accogliente e confortevole la mia stanza e continuando con tantissime altre piccole attenzioni. Si stanno impegnando a soddisfare la mia insaziabile voglia di scoprire e quindi mi portano e mi mostrano tutto ciò che possono.
Nonostante la generosa ospitalità, una volta passati un paio di giorni dal mio arrivo, ho cominciato a percepire un po’ di nostalgia: nostalgia del mio sport, dei miei amici ed in un certo senso anche dei professori e delle lezioni del mio Liceo. Lasciando passare un po’ di tempo, mi sono abituata alla nuova routine, nonostante tuttora alcune cose continuino a stupirmi. Un esempio pratico è una frase detta tipicamente dal fratellino piccolo del ragazzo che mi ospita (Loen). Tutte le mattine, prima di uscire di casa, ci saluta sempre con un “ a cet soir” ovvero “a stasera”. Questo perché qui in Francia la scuola va frequentata dalla mattina alle 8 fino alle 6 di pomeriggio. Il che è una grande differenza dal nostro orario abituale 8-13.
Un’altra cosa di cui ero a conoscenza, ma che mi ha comunque resa perplessa, è l’organizzazione della scuola. Gli studenti, infatti, non fanno parte di vere e proprie classi fisse, ma hanno la possibilità di scegliere cosa studiare e seguire i corsi che interessano di più. Ci si può appunto specializzare in lingue, in francese, in informatica o in altre materie. Avendo sperimentato entrambe le opzioni, quella italiana e quella francese, posso però dire che penso abbiano tutte e due alcuni vantaggi e svantaggi. Mi riferisco, per farvi capire, al legame che puoi più o meno stringere con i compagni, o al livello di conoscenza di una materia: mettiamo che sia l’inglese. Questi non sono, però, un paragone casuale, perché devo ammettere di aver avuto inizialmente alcune problematiche nella comunicazione.
Molti ragazzi (e anche insegnanti) faticano a comunicare in inglese e l’unico modo è cercare di ascoltarli attentamente e rispondere come meglio possibile nella loro lingua madre. (Devo dirvi che, per prepararmi, in estate avevo preso alcune lezioni di francese e mi ero messa a studiarlo).
La svolta per me è stata poi iscrivermi ad un corso di inglese con un’insegnante madrelingua. Grazie a questo ho conosciuto molti ragazzi con i quali riuscire a comunicare non è troppo complicato e, allo stesso tempo, ho potuto studiare argomenti che mi interessavano veramente.
In alcuni momenti la sento ancora, la nostalgia. Ora, però, penso a quando potrò raccontare e rallegrarmi della scelta che ho fatto, una volta tornata. Le settimane prima di partire, salutando genitori, famigliari e amici, tutti mi auguravano una sola cosa: di tornare più ricca di quanto lo fossi prima. Ricca di ricordi e esperienze. Ho ancora due settimane davanti a me, nelle quali potrò fare ancora tanto, imparando e divertendomi, ma sento già di avere qualcosa in più, sento già di essere più ricca e di essere cresciuta nella capacita di affrontare, da sola, nuove esperienze e nuovi contesti.
Arianna Tortini