20 marzo 1993: a Mogadiscio, Somalia, due giovani perdono la vita. Sono Ilaria Alpi, giornalista, e Miran Hrovatin, il suo operatore e vengono trovati morti nella loro auto, freddati come in un’esecuzione a tutti gli effetti ; stavano tornando dal nord del Paese con numerose prove audio e video, fondamentali per la loro inchiesta sul traffico di rifiuti tossici e di armi. L’inchiesta riguarda malaffari, conti neri e tangenti che legavano la Somalia ai Paesi dell’Est e, soprattutto, all’Italia; da qui provenivano armamenti, pagati col permesso di seppellire tonnellate di sostanze nocive
I genitori di Ilaria hanno sempre raccontato di essere stati avvertiti dalle autorità solo dopo l’ufficializzazione della morte della figlia in tv; il corpo di Ilaria è stato seppellito senza essere nemmeno riconosciuto dai genitori, senza aver ricevuto nessuna autopsia. E’ l’inizio di “una storia sbagliata”, fatta di insabbiamenti, di bugie e di verità nascoste. Luciana e Giorgio Alpi, per ventisette anni, hanno cercato di scoprire le verità celate dietro alla morte di Ilaria, verità che nascondevano anche molti lati oscuri, legati a ciò che lei stessa aveva scoperto. Non si sono fermati nemmeno davanti all’arresto di Hashi Omar Hassan, accusato del suo assassinio, ma che in realtà, con questa storia, non c’entrava nulla, un capro espiatorio, liberato dopo diciassette anni di carcere.
Oggi Luciana e Giorgio non ci sono più, hanno dovuto abbandonare la loro battaglia senza mai avere giustizia, ma persone come la giornalista e deputata Mariangela Gritta Grainer non si sono mai fermate. “Ilaria non deve essere un’altra di quelle storie senza verità” , dice nella commozione.
Ilaria era una giornalista, il suo lavoro era quello di verificare la veridicità di fatti, considerati scomodi, che si trovavano, e si trovano tuttora, davanti agli occhi di tutti. Il lavoro del giornalista è quello di mettersi al servizio delle persone, che hanno diritto alla verità.
Ilaria non è stata l’ultima a portare avanti questa lotta: tanti altri giornalisti, ancora oggi, continuano a cercare la verità, nonostante le difficoltà. In molti conoscevano Ilaria, anche la giornalista e inviata di guerra Lucia Goracci, vincitrice del premio dedicato ad Ilaria nel 2011: “Ilaria non mi conosceva, ma io conoscevo benissimo lei, era un mio punto di riferimento” dice.
Il giornalismo di oggi ha bisogno di persone come Ilaria, ha bisogno della continua ricerca di verità. Ilaria, come tanti altri giornalisti uccisi, è considerata un’eroina, perché fa qualcosa di straordinario in un mondo che molto spesso la verità non la vuole vedere. Questi giornalisti non dovrebbero essere eroi, dovrebbero essere normali persone, oneste, che riportano fatti a chi la verità la vuole sentire. L’onestà non può essere motivo di morte. E noi tutti abbiamo il dovere di farci scorta mediatica per i casi ancora irrisolti, persone che hanno perso la vita per cercare la verità, che rischiano di scivolare nell’ombra.
“Io so. Io so i nomi. [..]Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.”
Scriveva profeticamente Pasolini nel libro che Ilaria e Miran, ammiratori dello scrittore, avevano portato con loro a Mogadiscio. Loro sapevano, sapevano i nomi, conoscevano i fatti e avevano anche le prove. Per questo sono stati uccisi.
Marianna Reverberi, ex alunna, ora studentessa di scienze politiche
Per approfondire:
L’articolo in questione segue la partecipazione della Redazione del magazine al seminario di formazione giornalistica del 20 marzo 2023, anniversario dell’uccisione di Ilaria e Miran.
https://youtu.be/YMD1SXBeXnA L’ultima intervista di Ilaria al sultano di Bosaso, erano 4 cassette da 30 minuti ciascuna, ne sono stati rinvenuti 15 minuti soltanto.
https://it.wikipedia.org/wiki/Giornalisti_uccisi_in_Europa#:~:text=Mauro%20De%20Mauro%2C%20rapito%20da,maggio%201978%20da%20Cosa%20Nostra. elenco dei giornalisti uccisi in Europa.