Carta d’identità alla mano, camminare sotto al metal detector lasciando in una vaschetta tutti i nostri averi… è così che ha avuto inizio la nostra mattinata in EFSA (European Food Safety Authority), una realtà europea situata a Parma, proprio nella Food Valley. Un palazzo in vetro vigilato scrupolosamente in ogni suo angolo da agenti di sicurezza e telecamere: ad accoglierci c’era Alberto Spagnolli, il quale ci ha meticolosamente illustrato le mansioni che EFSA è tenuta a svolgere quotidianamente, rapportandosi con le agenzie europee con le quali collabora, svolgendo compiti tecnici e di supporto ad azioni giudiziarie, esecutive e legislative.
EFSA non è l’unica agenzia europea presente sul territorio italiano, infatti a Torino troviamo l’ETF (European Training Foundation). A fare parte di questo grande team, nel quale trovano impiego circa 500 persone, non sono soltanto scienziati o ingegneri, ma largo spazio è destinato agli esperti in comunicazione e legislazione. È importante che vi sia questa separazione tra le due parti in modo tale che la catena di montaggio continui a funzionare senza interruzioni.
La sicurezza alimentare, che ognuno di noi da ormai per scontata, prima degli anni ‘90 era del tutto sconosciuta ai più. Non esistevano regolamenti che amministravano i prodotti che circolavano all’interno dell’UE: tutti noi ricordiamo il caso della “mucca pazza”.
Nella seconda parte della mattinata, accompagnati in questo viaggio da Ermanno Cavalli, ci siamo tuffati nel mondo dell’intelligenza artificiale, concentrandoci sulle applicazioni che questa ha in EFSA.
Mettiamo caso di dover cercare delle informazioni che riguardino un qualsiasi argomento: l’intelligenza artificiale cercherà per noi tutti i possibili articoli che possono in qualche modo collegarsi all’oggetto della nostra ricerca. Si parla di 30mila articoli, un numero destinato ad aumentare con l’incremento delle ricerche scientifiche. Grazie ad un processo di scrematura, sempre attuato dall’IA, si arriva a circa 300 articoli. Il problema principale è però la forma di questi articoli: questi sono scritti in forma narrativa ed è perciò necessario estrapolare i dati; la parte più difficile è quella che riguarda grafici e tabelle, per cui è necessaria un’interpretazione umana. Attraverso un processo di critical appraisal, grazie a questi studi specifici si arrivano ad ottenere meno di 50 articoli. Prima di presentare i risultati della ricerca viene effettuato un processo di adattamento nel quale la forma e il linguaggio dello studio vengono conformati ai risultato ottenuti. Questo processo impiega però mesi, il rischio è quindi quello di pubblicare informazioni ormai non più rilevanti, l’esempio più lampante è quello del Covid: ogni mese escono nuovi studi e ricerche, il che rende impossibile attuare processi di questo tipo.
Dal punto di vista dello sviluppo dell’intelligenza artificiale, l’Europa sta perdendo la battaglia con Cina e Usa, proprio per questo si sta spingendo per lo sviluppo di una normativa volta a regolare l’IA in Europa e nel mondo. Un “AI ACT” è già presente e prevede una classificazione dei rischi su 4 livelli (Rischio potenziale, Rischio probabile, Rischio confermato, Rischio critico) più il rischio è alto più sarà necessario che esso sia legislato e monitorato al fine di attuare un processo dinamico e costante che terrà conto delle nuove informazioni scientifiche e dei cambiamenti nelle circostanze.
Manuel Bonzani, Francesca Bortini, Letizia Gostinicchi e Matteo Rovelli 5B