I preconcetti sul genere femminile sono radicati nella nostra società sin dai tempi antichi e tentare di cambiarli è come cercare di prosciugare il mare; il cambiamento inizia dalle piccole cose e tra queste può rientrare l’abbattimento di alcuni stereotipi nel mondo del lavoro. Come gli uomini sono liberi di fare qualunque professione desiderino, così possono le donne.
Stessa cosa vale per il mondo dello sport: lo sapevate che le donne italiane verranno riconosciute come professioniste ufficialmente nel 31 dicembre 2022? Solamente il golf riconosce la categoria femminile in ambito ufficiale. Basta pensare alla pallavolista Laura Lugli licenziata dall’Associazione Volley Pordenone senza nemmeno aver ricevuto l’ultima mensilità maturata. L’associazione sportiva si sarebbe giustificata ritenendo che “è incinta e danneggia la stagione sportiva del club”.
Se invece vogliamo parlare di dati e aprire la questione della retribuzione sul lavoro, un rapporto delle Nazioni Unite del 2016, 8 marzo diffonde dati incisivi, come il guadagno delle donne europee nettamente inferiore del 16,1% rispetto a quello degli uomini, nonostante da 56 anni viga la parità di retribuzione. Federica Granai, assunta dall’azienda fiorentina VoipVoice, si è sentita in timore di confessare la sua gravidanza, mentre l’articolo 27 del decreto legislativo del 2006, stabilisce il divieto di discriminazione per quanto riguarda l’accesso al lavoro in qualsiasi forma attraverso il riferimento allo stato di gravidanza o maternità o paternità. Il datore di lavoro di Federica l’ha assunta con entusiasmo per la bella notizia e ciò ha fatto scalpore sui media, tanto è radicato il pensiero contrario. Cosa dovrebbe fermare delle aziende dall’assumere delle donne capaci anche nel caso dovessero iniziare a lavorare con qualche mese di ritardo a causa della maternità? Questi datori di lavoro come pensano di essere venuti al mondo?
Non sono però solo le donne in gravidanza a soffrire di un sistema gestionale sbagliato; vittime ne sono anche i neopapà. In Italia i benefici del congedo obbligatorio per i padri ammontano a 10 giorni pagati di astensione dal lavoro entro i primi 5 mesi di vita dei figli. Fare i genitori è un lavoro a tempo pieno e così come viene concesso tempo alle madri, la stessa regola dovrebbe essere applicata per i padri. L’Italia è uno dei paesi con il minor numero di congedi obbligatori tra gli altri stati europei, basta vedere le 12 settimane concesse dalla Spagna in confronto ai 10 giorni concessi dallo stato italiano. Inoltre tra i 10 mesi facoltativi di astensione dal lavoro che si possono ripartire tra i due genitori l’80% viene usato dalla donna.
Questo ci fa riflettere su come le discriminazioni nel nostro mondo siano spesso bilaterali: non è solamente alzare lo stipendio alle donne che eliminerà queste diseguaglianze ( e intanto facciamolo !) , ma l’atteggiamento della società verso ogni aspetto della vita quotidiana.
Giorgia Gelati IV E
Immagine presa da Il Blog delle Stelle e will_ita