Sono solo una sagoma

Non sto scrivendo per farmi conoscere, non voglio che vi ricordiate il mio nome: ormai di me non c’è traccia; questo testo è l’unica cosa che avrete di me, non mi conoscete e mai mi conoscerete. Sono solo una combinazione di 26 lettere su un foglio, scritte con del semplice inchiostro nero. 

Dove sono le presentazioni e i “piaceri di conoscerti?” Vi chiederete… Beh, non ho tempo ora, sono solo una ragazza, rifugiata sotto al suolo, in un riparo stretto e insonorizzato; non si sente e non si vede niente. La paura è un sentimento che accomuna me e tutte le altre persone nella stanza, siamo solo un mucchio di sagome controllate dall’attore che è il governo. Qui appariamo tutti diversi, dall’età alla statura, dal fisico alla mente; sotto le luci del palcoscenico però siamo tutti uguali. 

Domani partirò senza mio padre, bloccato in questa guerra, anzi: Inferno. Il riparo è pieno di donne senza uomini, bambini senza padri… La scena mi commuove.  Come possiamo vivere in mezzo al terrore e alla violenza? Le guerre che ci hanno fatto studiare a scuola più e più volte sono servite a qualcosa? 

Mio padre ci ha lasciato per la patria, mentre noi dobbiamo lasciare la patria per noi stessi: perché il mondo è così malvagio? Com’è possibile che un cittadino debba abbandonare la sua patria? Perché gli uomini non possono allontanarsi da essa?   Dov’è finita la giustizia o anche il buonsenso?  Perché la mia città è bombardata dai  MIEI vicini e fratelli? Perché io non posso fare niente e devo solo scappare? 

Sono passati un paio di giorni e i bombardamenti si sono diradati, ma non sono cessati; solo l’altro giorno, andando a prendere una boccata d’aria, stavo soffocando: i miei occhi erano ciechi dalle lacrime e dalla polvere, le mie corde vocali non volevano vibrare, nessuna parola sarebbe riuscita ad esprimere quel che provavo.  Le scuole, il parco giochi, niente era rimasto della mia casa, ora nella città c’erano solo cuori spezzati e animi sfocati, solo sagome di persone che erano nel passato e che non saranno mai più. Troverete nei libri di storia tutti i bombardamenti e gli spostamenti della gente ucraina, ma mai potrete capire quanto ha sofferto.

La partenza per non si sa dove, solo per trovare riparo e continuare a vivere, sta solo cominciando; l’unico modo che ho per potermi allontanare da Kiev è quello di obliare tutto il mio essere, tutta la mia infanzia, famiglia, padre, casa, tutto.

È mezzogiorno, si avvicina l’ora della partenza; la macchina è già pronta con tutto il necessario: io, i miei fratelli e mia madre abbiamo appena dato l’addio a mio Padre… Non so come sentirmi, non ho emozioni; vorrei piangere, ma non riesco: le ceneri e il mio corpo non me lo permettono. Saluto un’ultima volta, mi giro e vedo altre famiglie nel loro momento prima della separazione; poveri i bambini che pensano andrà tutto bene, poveri quelli che devono rimanere qui, povero mio padre. 

Le prime ore del viaggio sono silenziosamente accompagnate dal suono di un canto inglese << remember when i told you no matter where I go?, I’ll never leave your side you will never be alone…>> tutte stupidaggini sono: Come si può non lasciare qualcuno, anche se si va da tutt’altra parte, senza di lui? Se fosse veramente così, allora mio padre non sarebbe lì da solo. 

Mia madre ha paura… Di che cosa non si sa, magari di essere bombardate durante il viaggio o di correre qualche pericolo.  Non mi interessa così tanto: anche mio padre sta andando contro il pericolo, però lui è coraggioso e non teme niente.

Già mi manca la mia casa;  distrutta, con i muri collassati e le macerie a terra, come  la mia mente, egualmente distrutta e piena di macerie delle mie memorie più care. Niente mi è rimasto, solo un sentimento di vuoto. Pian piano i miei ricordi svaniscono, ciottolo per ciottolo. 

Penso a una nuova vita in un posto straniero, senza la mia vera identità , solo la sagoma di una persona che vuole vivere e che ha rinunciato alla sua vita precedente. 

 

C’è chi abbandona la propria casa  per scelta: per cambiare vita, dimenticare un passato brutto e non farsi trovare. Per chi invece l’abbandona per obbligo,  la voglia di cambiare vita e andarsene via non si trova. Questa è la differenza tra migranti e profughi, uno sceglie l’altro no. Se una persona vuole continuare a vivere, perché è costretta comunque a lasciare tutto il suo essere nella sua casa? Nessuno riuscirebbe a rispondere, neanche i profughi stessi; i loro veri sentimenti sono rimasti nelle loro patrie, ora ci sono solo le sagome che vivono per loro.

Siamo a due ore dal confine Italiano, mia madre dice che in Italia conosce qualcuno che ci potrà aiutare. Sono ansiosa di vedere la “nuova casa”, come la chiama mia madre. 

Ho un nuovo nome, una nuova casa, una nuova città. Non sono io. La vera me è ancora nascosta in una figura; perché è questo che sono, una sagoma nascosta in questa persona sconosciuta che si è adattata a una nuova vita.

<<Canzone di SHAUN ft. Conor maynard – Way back home>>

Chiara Tomas 1C

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