I’m a foodie, febbraio 2022

Il mese scorso ho assegnato ai miei studenti un tema argomentativo in cui, sulla base di un intervento di Aldo Cazzullo sull’abuso del cellulare da parte delle giovani generazioni, chiedevo una loro riflessione sull’argomento. Concordo sulla banalità, solo apparente, della proposta. In realtà il brano di Cazzullo conteneva diversi spunti interessanti e sottili, in particolare mi era piaciuta la conclusione. E nessuno ascolta, terminava il giornalista.

Ecco, credo che sull’importanza dell’ascolto occorrerebbe dedicare più spazio. Siamo sempre molto pronti a sottolineare quanto sia essenziale dare la parola ai giovani, quanto l’espressione libera delle proprie idee sia un caposaldo della democrazia, quanto lo scambio di opinioni sia salutare, tanto da scordarci spesso quanto invece sia essenziale ascoltare l’altro. Cosa che facciamo poco, visto che mentre conversiamo rispondiamo a una mail, mentre camminiamo magari in compagnia parliamo al cellulare, mentre siamo a una conferenza facciamo un acquisto su Amazon, mentre passeggiamo con un amico scattiamo una foto da postare e mentre scriviamo sul pc controlliamo i messaggi sul cellulare. Tutte operazioni che ci impediscono di ascoltare davvero sia gli altri che noi stessi e che, per giunta, non fanno tanto bene al nostro cervello umano, non costruito per essere così multitasker. Suggerisco a questo proposito una lettura interessante sull’ultimo numero de L’Internazionale, in cui è stato misurato il tempo medio di attenzione per alcune categorie di persone, con risultati sconfortanti.

Anche qui la banalità. Niente di nuovo. Io ne resto sempre sorpresa perché, come tutti sanno, sono Whatsapp resistente e Google repellente, non è neppure detto che io abbia sempre con me il cellulare, quasi mai quando sono a scuola. D’altronde non saprei di cosa farmene del cellulare mentre sono a scuola: l’orologio ce l’ho al polso, posso leggere le mail o le notizie del giorno con calma dal computer quando ho un’ora libera e in caso di necessità i miei familiari sanno dove trovarmi facilmente. Anzi, qualche volta, quando ho bisogno di tempo per me stessa e non sono al lavoro, non voglio proprio essere trovata e lascio il cellulare sul cassettone. Vaco, Lucili, vaco, et ubicumque sum, ibi meus sum. Questo per me è il concetto di libertà più grande.

Ho approfondito la questione e trovato un interessante Ted Talk di una giovane americana, Celeste Headle, che, sulla base della sua esperienza come intervistatrice professionista, ha steso una specie di decalogo per migliorare la conversazione e diventare quindi un buon ascoltatore. Mi è piaciuto, basico e tremendamente sensato, così ve lo passo.

Primo, non cadere nel multitasking ma essere presenti. Secondo, non pontificare, esattamente questo il verbo usato, to pontificate, perché c’è sempre qualcosa da imparare dagli altri, mettiamo da parte noi stessi per un attimo. Quanto saggia è questa affermazione? Quanto sarebbe d’accordo Seneca? Terzo, porre domande semplici, che siano dirette e facili da rispondere. Quarto, non interrompere. Quinto, se c’è qualcosa che non sai riconosci di non saperlo, non fare finta di saperlo. Ottimo consiglio questo per noi insegnanti. Sesto, la tua esperienza è diversa da quella degli altri, non compararla a quello che ti stanno raccontando. Settimo, non ripeterti, se hai chiarito il tuo punto di vista non è necessario ribadirlo. Ottavo, stay out of the weeds. Le erbacce, letteralmente. Non scendere nei dettagli, a pochi interessano. Nono, ascolta con l’intenzione di capire e non quella di parlare, tenendo la bocca chiusa e la mente aperta. Decimo, la regola d’oro. Sii breve. Come una minigonna, la miniskirt, ha detto Celeste. Non troppo corta e non troppo lunga, con la stoffa sufficiente per compiere la sua funzione. E io a questo punto mi figuro già in Carnaby Street, insieme a Mary Quant, la Swinging London degli anni Sessanta, giusto vicino a Twiggy. Bisognerà pur sognare un po’ di questi tempi.

Dopo aver visto il video, mi sono fermata a pensare ai miei comportamenti. Per rendermi conto se ero una buona ascoltatrice e una altrettanto valida conversatrice. On reflection, mi sono ritrovata colpevole di qualche errore e mi sono riconosciuta qualche merito. C’è però sempre margine di miglioramento, per esempio quando mi accorgo che un amico ha bisogno di raccontarsi più che di scambiare quattro chiacchiere ma anche nella mia pratica quotidiana come insegnante. Be in that moment, come il decalogo recita. Vale per la nostra vita ordinaria come per il nostro mestiere, perchè i ragazzi necessitano della nostra attenzione esclusiva quando siamo con loro.

Durante una conversazione, dunque, dovremmo ascoltare evitando la tecnologia ma senza privarci di una fetta di torta o di un panino fatto con un pane speciale. Il cibo, si sa, unisce. Di seguito le ricette del mese, una salata e una dolce, entrambe facilissime e velocissime, con l’augurio di conversazioni ricche e vere, ne abbiamo tutti un gran bisogno.

 

Mariarosa original

Torta magica

Ingredienti

4 uova

150 g zucchero

120 g burro fuso

120 g farina 00

250 ml caffè 

250 ml latte

zucchero a velo

 

Preparazione

Separare gli albumi dai tuorli, montare a neve non troppo ferma i primi con le fruste elettriche. Sempre con le fruste sbattere tuorli e zucchero, poi aggiungere il burro fuso e la farina poco alla volta. Versare quindi il caffè e amalgamare con una frusta a mano, aggiungere il latte e mescolare. Unire infine gli albumi semimontati. Il composto  risulterà abbastanza liquido. Mettere in una teglia rettangolare ricoperta di carta forno incrociata a misura (cm 18×25 circa) e cuocere a 150° per 80 minuti. Sfornare, lasciare raffreddare, regolare i bordi con un coltello e tagliare a quadrotti dopo avere spolverizzato la superficie con lo zucchero a velo. La torta resta morbida e dovrebbe mostrare una triplice stratificazione, uno strato superiore simile a un Pan di Spagna, uno centrale cremoso simile a un flan e uno inferiore più scuro simile a un budino. Da gustare tiepida o anche fredda accompagnata da un ciuffo di panna montata.

 

Mariarosa classic

Pane alla zucca 

Ingredienti

330 g farina tipo 2

125 g di zucca cotta e ridotta in purea

5 g sale

180 ml acqua tiepida

15 g lievito di birra fresco

 

Preparazione

Preparare la zucca, cuocendola preferibilmente nel forno e magari con un condimento di olio, sale, curcuma, curry, salvia o rosmarino, pepe nero. Mettere in una ciotola farina, sale, zucca cotta e passata, acqua, lievito fatto sciogliere in un po’ dell’acqua indicata. Impastare sino ad ottenere un impasto morbido ma sufficientemente compatto per essere maneggiato. Mettere a lievitare in un cestino infarinato e coperto con un canovaccio a temperatura ambiente per 3 ore. Accendere il forno a 220°, posizionare all’interno due tazze di acqua calda per creare il vapore, rovesciare l’impasto su una teglia calda rivestita di carta forno e cuocere per 15 minuti. Eliminare le tazze e cuocere per altri 10 minuti. Sfornare e fare raffreddare su una griglia.

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