Diffondere il cambiamento

Abbiamo ereditato un disastro. Viviamo nell’era dell’inquinamento, del surriscaldamento globale, del capitalismo, dello sfruttamento minorile, delle disuguaglianze sociali, dell’iperconsumismo. Viviamo in quella che i geologi amano definire “Antropocene”, l’era che l’uomo ha inventato, di cui è responsabile e alla quale, probabilmente, non saprà sopravvivere. Il mondo crolla e noi lo guardiamo crollare, le foreste bruciano e le guardiamo bruciare, gli animali muoiono e li guardiamo morire. “A conti fatti, se non agiamo noi, la tempesta si abbatterà sulle generazioni future. E per loro sarà troppo tardi.” Sono le parole di apertura del summit della Terra di Rio 1992, e assomigliano tristemente a ciò che ci viene detto oggi, a distanza di 30 anni. Ma mentre nel 20 secolo era biasimabile parlare di problemi futuri, oggi non lo è più. Il futuro di cui si parla è adesso. Le generazioni “future” siamo noi, in carne ed ossa. E la consapevolezza del triste destino a cui stiamo andando incontro è in costante aumento.

Paul Manson, giornalista dell’editoriale “The Guardian”, sostiene che la pandemia abbia influenzato pesantemente la concezione che la generazione Z ha del mondo, ritiene che abbia reso i giovani più coscienti delle problematiche sociali e che li abbia condotti ad avvalersi di un giudizio più critico nei confronti del capitalismo. Non a caso durante la pandemia “mentre gli anziani hanno sopportato principalmente i rischi per la salute fisica del Covid, i giovani hanno affrontato i rischi per la salute mentale” e sono stati devastati dalla frustrazione e dall’incertezza del futuro. La dura realtà delle Antropocene è che viviamo in un pianeta deturpato. “Exxon sapeva”, “Shell sapeva” sono slogan di campagne ambientaliste che accusavano grandi aziende degli anni ’70 e ’80 di aver favorito il surriscaldamento globale all’insaputa delle persone, ma il cambiamento climatico non è mai stato taciuto alla popolazione. Nel 1856, ben due secoli fa, la scienziata Eunice Foote scriveva: “Un’atmosfera contenente CO2 causerebbe l’innalzamento della temperatura terrestre”, ma fu ignorata, probabilmente perché donna. Pochi anni dopo il fisico John Tyndall condusse uno studio simile, raggiungendo le medesime conclusioni, e il libro che pubblicò nel 1863 a riguardo divenne un best  seller. Le proteste e l’attivismo sono iniziate negli anni ’80 e ’90 del secolo scorso, ma è da 150 anni che conosciamo le conseguenze dell’effetto serra sul pianeta. Da decenni gli ambientalisti lottano per il nostro pianeta, il che non rende il problema meno reale ma più urgente.

Non si parla più di un problema risolvibile, al massimo contenibile, ma per sradicare la dipendenza da carbonio che abbiamo sviluppato dobbiamo agire insieme. Ed agire insieme è esattamente ciò che non stiamo facendo.

La classificazione generazionale è una questione delicata, la cui entità tende spesso ad essere sottovalutata. Boomer, generazione x, y, z e alpha sono vere e proprie classi sociali, e la quotidiana classificazione a cui veniamo, inconsciamente, sottoposti influenza pesantemente la realtà. Se si parla di politica la gen z non viene presa in considerazione, perché “i ragazzi di oggi sono completamente disinteressati alla politica” mentre se si parla di social network e computer sono i boomer a non essere presi in considerazione, poiché “altamente disinformati a riguardo”; due banali esempi di stereotipi comuni, tristemente accettati dalla società, che per quanto banali compongono, insieme alle altre centinaia e centinaia di stereotipi generazionali, le basi per il divario che si è andato a creare nel tempo tra generazioni differenti. E più ci si lascia influenzare dagli stereotipi, più l’odio reciproco cresce. Le differenze ideologiche sono comprensibili, ma non è azzuffandoci l’un l’altro che risolveremo i problemi del mondo. Sarebbe bello vivere tutti felici e contenti, senza preconcetti. Sarebbe bello stuccare la crepa sociale in cui stiamo precipitando lentamente, ma non è facile abbattere stereotipi radicati nella nostra concezione del mondo. Non pretendo di annichilire questi pregiudizi, proprio perché ne riconosco l’impossibilità, e dato che non c’è più tempo per nascondersi dietro un velo di speranze fasulle e utopie illusorie, non chiedo altro che pura collaborazione. C’è da rendersi conto di una cosa: i “giovani” non possono far nulla senza i “vecchi” e i “vecchi” senza i “giovani”. Chi alimenta i pregiudizi sulle generazioni ha come unico scopo quello di trovare un colpevole a cui affibbiare la responsabilità dei mali del mondo, probabilmente per sentirsi meno in colpa per ciò che gli accade attorno, e non risolve niente.

Le speranze svaniscono e noi siamo stufi di guardarle svanire. Ma da soli non possiamo cambiare il mondo. Alla mia generazione è stato affidato silenziosamente l’arduo compito di risolvere le cose. E sentirci addossare il peso del salvataggio del pianeta dagli stessi che ci considerano, per iperbole, incapaci e buoni a nulla, è turbante. Il potere è nelle mani degli adulti, ma la forza, la temperanza, l’iniziativa di noi ragazzi sono peculiarità invidiabili e preziose, di cui il mondo non può fare a meno. La nostra finestra di opportunità si restringe ogni giorno, ma c’è ancora.

Il momento di agire è adesso. Ma non da soli. Boomer, generazione X, Y, Z e Alpha, dobbiamo iniziare a combattere, e imparare a farlo insieme. 

Alberici Martina 4E

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