DAD o non DAD: il nostro punto di vista

Quanto è stata odiata la DAD!
Passare per molti mesi intere giornate di fronte allo schermo di un computer, ad ascoltare una lezione appesantita ancor di più dall’assenza delle piccole distrazioni dei compagni, oppure ignorando completamente l’insegnante e guardando il telefono per tutta l’ora.
La difficoltà nel mantenere la concentrazione, il mal di testa a fine lezione, il bruciore agli occhi per il troppo tempo passato davanti al computer e la stanchezza mentale, nonostante le tante energie compresse nel corpo degli studenti, che non possono essere sfogate e che impediscono di dormire serenamente la notte.
Per non parlare dei professori, costretti a rivolgersi a dei pallini colorati senza sapere se, effettivamente, ci sia dietro qualcuno ad ascoltare le loro parole. Per di più trovandosi spesso di fronte al problema di valutare prove che non corrispondono ai risultati in presenza. Ma soprattutto la mancanza di contatto umano.
Queste ed altre le motivazioni che in tanti utilizzano per classificare la DAD come una modalità di scuola da evitare.
È innegabile però che abbia aiutato a diminuire la quantità di contagiati da Covid-19 in un periodo in cui il loro numero era molto elevato. Attualmente il Ministero dell’Istruzione pensa che l’aver ridisegnato il sistema di quarantene basti per garantire la didattica in presenza.
Una scuola secondaria in media ha un’affluenza di 500 studenti, contando che le scuole sono solitamente vicine tra loro e che i trasporti pubblici sono sempre molto pieni, ci vuole ben poco affinché una classe si ritrovi a casa a fare 10 giorni di didattica a distanza in attesa di tornare a scuola per rischiare di nuovo di ritrovarsi tre casi interni.
Seriamente si sta preferendo questo percorso di alternanza tra presenza e DAD piuttosto che chiudere le scuole 2-3 settimane in attesa che cali la curva di contagi? Non sarebbe meglio poter finire in classe gli ultimi e più importanti mesi di scuola, quelli tra la primavera e l’estate, senza avere alle calcagna lo spettro della DAD, che in questo momento viene vissuto come qualcosa da evitare a tutti i costi?
“Una programmata e provvisoria sospensione delle lezioni in presenza”, questo l’appello rivolto al Presidente del Consiglio Mario Draghi, a Bianchi e ai Presidenti delle Regioni promosso da una ventina di presidi e che ha già raggiunto oltre le 3.000 adesioni di dirigenti scolastici di tutta Italia. Sarà necessario infatti far fronte a un tasso di assenze da parte del personale scolastico di circa il 10% e dunque trovare rapidamente e razionalmente una soluzione adeguata.
Ancora una volta nemmeno gli alunni sono stati interpellati nella scelta che, per alcuni, può rivelarsi decisiva per le sorti dei propri cari.
Uno di questi è Andrea, un ragazzo che, da studente liceale, ha provato sulla sua pelle più di altri cosa significhi fare i conti con la paura. Sua madre, infatti, rientra nella categoria delle persone fragili, perché malata oncologica. Per lei il Covid-19 può rappresentare non solo un drastico peggioramento della situazione, ma anche un vero e proprio rischio di morte e questo suo figlio lo sa bene, dopo aver visto con i propri occhi la fragilità lasciata dall’immunoterapia e il dilagare della variante Omicron. Ne parla quasi come si trattasse di una condanna, inflitta sulle spalle di chi, come lui, vive il sedersi al proprio banco come l’armarsi di un coltello che potrebbe rivelarsi letale.
“La scuola non dovrebbe essere un luogo di terrore ma di istruzione e non c’è istruzione in un luogo ostile” riassume, accusando la scelta del ministro, chi, cioè, al posto di ridurre il suo disagio, lo amplifica e che, invece di incarnare i valori che la scuola stessa rappresenta, sembra negarli.
Se c’è una cosa che la pandemia ha sottolineato è questa: formare ed educare non vuol dire rimpinzare i cervelli di argomenti, ma sviluppare una capacità critica, esaltare una sensibilità e un’empatia di vitale importanza per la convivenza sociale e soprattutto insegnare ad ascoltare, l’unica strada che permette di accedere alla cura, che ogni singolo individuo merita di ottenere e che oggi quasi sembra essere stata dimenticata.
Gabriele Capuano 5B, Letizia Bruno 4D, Federico Notari 2^E

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