Profumo di ricordi #foodie

Ho sempre saputo, qualche volta vergognandomene anche un po’, di soffrire di loss aversion. Un attaccamento a determinati oggetti che diventa apprensione quando li perdi o non li trovi. Da oggi ho saputo di essere anche un memory hoarder, cioè un accumulatore seriale di ricordi. Ma se questo è l’argomento di una nuova serie lanciata su Netflix mi sento assolta.

Dopo l’insopportabile pulizia di Marie Kondo, che riuscirebbe a rendere asettico perfino il beauty case di una adolescente e l’altrettanto irritante sorriso con cui piega, ripiega, ordina e ripone, una serie televisiva che collega le emozioni ai capi di vestiario che abbiamo deciso di conservare nell’armadio. Si tratta quindi di oggetti usati, a volte molto usati, e da qui il titolo Worn Stories, che possono richiamare ricordi e risvegliare emozioni. Una risposta diversa a un recente trend che ci incoraggia a liberarci del passato per essere minimalisti. Invece il nostro guardaroba può essere un magnifico archivio di esperienze, avventure e memorie in cui gli abiti spesso assumono per noi un valore difficile da definire. Come sosteneva anche una frustrata Virginia Woolf nel suo diario del 1925: ”My love of clothes interests me profoundly, only it is not love; and what it is I must discover.” Abbandonando il minimalismo, dunque, il 2021 può offrirci un insegnamento diverso rispetto allo slogan “liberiamoci del passato per diventare migliori”: siamo quello che siamo e gli oggetti che ci stanno intorno ci hanno reso quello che siamo.

Certo sarà difficile per una serie televisiva riuscire a raccontare le storie che stanno dietro a un pezzo di stoffa, così da riuscire a coinvolgere tutti i sensi, non soltanto la vista, che un oggetto può sollecitare. Per me per esempio niente come l’olfatto è in grado di innescare il treno dei ricordi, le memorie di momenti vissuti intensamente. Due in particolare sono i miei profumi: l’odore pungente del cuoio che sentivo nella fabbrica di pelletteria nella quale ho vissuto per tanti anni e il profumo buono di burro e zucchero quando la zia Anna preparava i pranzi della festa. 

Era il profumo di una torta che costituiva il dolce per eccellenza delle occasioni speciali e nel quale la quantità di burro e zucchero sprigionava una fragranza di bontà semplice che vorrei condividere con voi. La torta si chiama Sorbetera, l’abbiamo sempre chiamata così, non ne so il significato e forse questo nome risente perfino di espressioni dialettali ma non lo cambierò; gli ingredienti sono basici, farina, burro, zucchero, uova, per una voluta semplicità che diventa pazienza e cura dei dettagli. Una ricetta valida nella cucina come nella moda.

Con l’augurio più sincero per una Pasqua serena,

Lucetta

 

 

Torta Sorbetera

Ingredienti 

500 g fecola

500 g zucchero

500 g burro

5 uova

1 bustina di lievito

 

Preparazione

Lavorate molto a lungo burro e zucchero fino ad ottenere una crema. Aggiungete uno alla volta le uova intere, poi la farina e il lievito.

Mescolate con grande cura, versate l’impasto in uno stampo imburrato e infarinato di 28 cm e mettete in forno per 40 minuti a 180°. Infornate a forno caldo e togliete la torta solo a forno freddo.

 

 

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